MUSCHIO, ACUFENE3

Avevamo perso di vista i Muschio dopo l’uscita di Zeda nel 2016, ben sei anni in attesa di ricevere notizie dalla formazione di Verbania, denominazione di origine nient’affatto casuale, visto che il territorio ha sempre ricoperto un ruolo rilevante nella proposta strumentale dei tre. Il tempo sembra aver rafforzato più che stemperare la grinta di una band che ha sempre saputo portare avanti la sua traiettoria in modo personale e senza porsi troppi limiti, soprattutto nella scelta degli ingredienti da convogliare nel proprio blend a base di psichedelia e derive “post”. Non stupisce pertanto se ad un certo punto, tra le molte suggestioni, si avverte persino l’eco dei Light Bearer, con quell’afflato corale tipico della band purtroppo sciolta prima di concludere il ciclo iniziato. Ma è solo un attimo, una delle mille schegge di suono (e solo per un breve tratto di voce) che finiscono in un vortice ricco di echi e riverberi, quasi ipnotici per quel senso di vertigine che le accelerazioni riescono a provocare. C’è una centralità del riff (si veda l’apertura stonata di “Tramontana Scura”) che pone l’incipit e coinvolge gli altri strumenti in una vera e propria sfida a rincorrersi e prendersi di sorpresa per cambiare più e più volte vestito tra pulsioni ritmiche e bordate di bassi, il tutto al servizio di vere e proprie canzoni nonostante la mancanza di una voce guida. Il bello dell’approccio dei Muschio sta infatti nel colpire l’ascoltatore con una scrittura che non si dilunga in sterili dimostrazioni di stile ma costruisce traiettorie sonore ben delineate e facili da seguire, pur se ad un certo punto ci si scopre a bordo di un ottovolante che dalla cima della montagna loro cara (e titolo del precedente disco) si lancia in una discesa a perdifiato. Non è sempre semplice farsi prendere da un disco strumentale eppure i Muschio sanno come far battere il piede a tempo e ciondolare la testa anche all’ascoltatore più uso a simili menù: merito di una cura nei dettagli che giustifica il tempo trascorso e porta in dote brani ricchi di stati d’animo differenti e di sfumature stilistiche non banali. Non molto da aggiungere se non sottolineare come ancora una volta la personalità paghi sulla voglia di seguire in modo pedissequo qualche modello preso in prestito altrove. Bentornati.