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MURMER, Tether

Vento artico, cavi dell’alta tensione, risonanze. Basta poco per descrivere quello ha intenzione di proporci con questo suo ritorno Murmer, progetto di Patrick McGinley attivo dal 2002 e autore di diversi lavori per le etichette più disparate. È un lavoro di anni questo, iniziato nel 2006 con ricognizioni, esperimenti, visite, posizionamenti di microfoni a contatto e archiviazione di suoni. La terra è l’Estonia (residenza attuale di Patrick), nello specifico un piccolo borgo di di nome Mooste: meno di 2000 abitanti, grandi magioni di campagna, un lago, chiese, castelli, percorsi nel bosco fino al cratere del meteorite che lì atterrò 6600 anni fa. Il suono che Murmer estrae in Tether non è mai glaciale né fine a stesso. Profuma di campi di grano e di terra fertile e fortificata. Collegandosi ad una torre per le comunicazioni telefoniche alta 80 metri ne estrae i suoni che processa in maniera che possano pervadere la nostra realtà con fare torbido, calmo e a tratti gommoso. In “Taevast” unisce altre registrazioni sul campo con materiale eterogeneo raccolto negli anni, risalente in alcuni casi addirittura alla fine del 1999. Ad uscirne è una suite di risonanza cheta e pastosa, una linea armonica celestiale. McGinley è anche fotografo e ascoltarlo richiede la medesima concentrazione dell’osservare una foto che, con il passare del tempo, si svela in altro. Qui ronzii e rollii ci introducono ad un viaggio fra le frequenze e i ricordi di Murmer: non ci si muove, limitandoci ad esplorare una stagnazione talmente ricca da tracimare nella sua placida calma.