MOURNING [A] BLKSTAR, Celestial Bodies
Si vola in alto, molto in alto con la Great Black Music di Celestial Bodies, ultimo sublime lavoro del collettivo Mourning [A] BLKstar da Cleveland, Ohio, anche se ormai dovremmo esserci abituati, con i quattro album precedenti, a cotanta qualità di scrittura e di contenuto musicale espresso da RA Washington, LaToya Kent, Kyle Kidd, James Longs, Teresa May, William Washington, Pete Saudek e Dante Foley.
L’esuberante talento in M[A]B fa sì che dischi o concerti abbiano un tale potenziale creativo che non se ne vede attualmente il limite. Avrebbero lo stesso “problema” i britannici SAULT, non fosse altro che Dean Josiah Cover/INFLO & Co se lo risolvono sfornando album a ripetizione. Facendo i conti, dal 2016 nei 5 dischi di M[A]B si totalizzano ben meno di 5 ore di musica. Ebbene, ascoltandola tutta, meglio dire esplorandola tutta, è facile comprendere che quasi ogni brano ne contiene in nuce altri due o tre, idem per i concerti che – se fosse per loro praticabile – potrebbero durare almeno il doppio dei normali live fra introduzioni strumentali, repertorio di cui sopra, citazioni, improvvisazioni e bis: una modalità, passatemi il paragone, alla Grateful Dead periodo acid-test.
Corpi Celestiali è il risultato della recente collaborazione fra Mourning [A] BLKstar, il Museo d’Arte Orientale di Cleveland e la compagnia di danza berlinese Christoph Winkler con la realizzazione di “We are going to MARS Suite”, rappresentato alla Sophiensaele di Mitte questa estate, una sorta di fantasmagorico concerto coreografico durante il quale si narra del progetto “Afronauts” che nel 1960 nacque in Zambia su iniziativa dello scienziato e filosofo Mukuka Nkloso con l’obbiettivo di dare avvio ad un programma spaziale africano. Su questo progetto di puro afrofuturismo ante-litteram, in parte conosciuto e documentato, in parte avvolto nel mistero, la musica prende spunto e si sviluppa in relazione ai sei danzatori. Tuttavia il disco ora disponibile contiene varie altre composizioni inedite oltre quelle eseguite a Berlino, registrate ai BLX Sonix Studio di Cleveland a partire dall’antico mantra indiano (legato al logos solare) Green Tara/Garyati interpretato da Sonja Rhie Mace (responsabile del dipartimento Arti Orientali del Museo di Cleveland) a Bodhisattva (figura simbolica per il Buddismo nel segno della Compassione) con la voce di LaToya e la tromba di Theresa. Attenzione: da vera e propria “Sindrome di Stendhal”!
Da queste inedite committenze alla fine scaturisce esplicitamente una sintesi perfetta delle due personalità generatrici di M[A]B: quella di RA Washington, volta ad una visione politica e afrofuturista della musica, e quella orientale/spirituale di LaToya Kent, dualità che si coniuga in modo naturale e a cui tutto il gruppo contribuisce in maniera esaltante: dai campionamenti di Pete Sudek, sempre più saldo il suo contributo, che introducono i brani con effetto straniante, alle voci sontuose di James Longs e Kyle Kidd, al binomio geniale tromba/trombone di Theresa May e William Washington, last but not least il drumming sofisticato, puntuale di Dante Foley,
Avviso ai naviganti, per inizio 2023 è previsto il nuovo album “solo” di LaToya Kent.
Space is The Place, Sun Ra vede e provvede.