Moss: scoprendo un mondo deformato e da incubo
Il trio doom di Southampton, formatosi all’inizio degli anni Duemila e composto da Olly Pearson (voce), Dominic Finbow (chitarra) e Chris Chantler (batteria), è divenuto in poco tempo un punto di riferimento e un oggetto di culto nella scena. I Moss sono caratterizzati da un sound inesorabilmente nichilista, lentissimo, dalle tematiche lovecraftiane e occultiste, e possiedono uno stile molto personale in cui convergono arie drone, sludge e l’anarchia crust. In questa formazione senza basso la chitarra svolge un lavoro intenso: è talmente profonda e viscerale che frantuma qualsiasi cosa suonando su frequenze bassissime, sopperendo dunque alla mancanza del suo accompagnamento e spingendoci nell’abisso.
Dopo un avvio disseminato di demo, ep e split, con scarse apparizioni live, nel 2005 i Moss pubblicano Cthonic Rites, prodotto da Jus Oborn (Electric Wizard): il lavoro è composto da due lunghe canzoni per un totale di un’ora (per la precisione 66:06 minuti) e non è da prendere alla leggera. Lento, snervante, traumatizzante, ma anche ricco di pathos, ipnotico e plumbeo, il disco si apre con la canzone “Crypts Of Somnambulance”, di ventuno minuti e trentasette secondi, e si chiude con “The Gate”, di quarantaquattro minuti e ventinove secondi: i titoli descrivono perfettamente quello che l’ascoltatore vivrà, strisciando attraverso le macerie urbane, cercando esasperatamente pace, ma senza successo.
La band prosegue nel 2008 con le stesse funeree, claustrofobiche allucinazioni destabilizzanti, con canzoni non di facile ascolto nemmeno per orecchie allenate: Sub Templum si compone infatti di quattro tracce di oltre un’ora, con arie ancora più tombali, fra parti di voce angoscianti e riff monolitici incalzati dalla batteria, che per tutto il tempo ci comprimono in un disagio alienante.
Con Horrible Night, Pearson abbandona il cantato gutturale/urlato, spostandosi verso una voce più pulita (non dissimile a quella di Ozzy o Dio in alcuni passaggi) e ovviamente ancora lamentosa. Il lavoro, pur sempre atmosferico, in generale assesta un grande cambiamento, con composizioni più rifinite, musicali e “accessibili”, per certi versi meno cacafoniche (sopratutto i riff di chitarra) e se vogliamo anche un po’ più “veloci”. “Horrible Nights”, il primo pezzo, è la stesura in musica e versi di un vero sogno/incubo del cantante, come da lui stesso dichiarato in varie interviste, con la fine della prima strofa che dice “The book of Eibon stares at me / Both it’s eyes ablaze / These awful nights, horrible nights / They’re driving me insane”. Già da questa canzone si capisce tutto, ma ci sono altre composizioni interessanti come “Dark Lady”, “Dreams From The Depths” e “The Coral Of Chaos”.
Un must per chi ama il doom e le variazioni estreme del genere, dunque per fan di Sunn O))), Sleep, Witchsorrow, Khanate, Pallbearer, Electric Wizard e Serpent Venom.