MORROW, Fallow

Songs for future primitives, mythologies of neolithic cultures amongst the ruins of our civilisation, the earthen liturgy of forests and ice scapes, written in coal and chalk on black slate and bark, of skin marked with scars and runes of hidden portent. These are the drums of the hereafter, what is left once we lost, and what we gained in the green clasp of natures gnawing, beautiful, terrible might.

Da questa descrizione di una preistoria futura parte il nuovo disco dei Morrow, che abbiamo già avuto modo di presentarvi ai tempi del debutto Covenant Of Teeth. Si tratta inoltre di musicisti coi quali abbiamo già incrociato le strade varie volte in passato grazie ai molti altri progetti che li hanno visti parte attiva. Ciò che rende immediatamente riconoscibili e particolari i racconti intorno al falò dei Morrow è l’utilizzo degli archi: violino e violoncello si sommano alle melodie di chitarra per donare pathos e malinconia al tutto, contraltare alla deriva hardcore (qualcuno direbbe crust) della scrittura, così da creare un mix, se non certo inusitato o innovativo, comunque ricco di sfumature e dotato di una buona personalità, il che giustifica appieno l’interesse suscitato. Proprio come nel precedente episodio, la forza della band sta nella capacità di trasportare l’ascoltatore in uno scenario post-apocalittico in cui la natura si è presa la rivincita sull’uomo e lo ha riportato a uno stadio in cui progresso e tecnologia non avevano ancora spezzato gli equilibri del pianeta che ci ospita. Vanno menzionate anche le parti narrate e acustiche, in cui si fa vivida la forza immaginifica del racconto e si avverte in pieno la sensazione di assistere a un documentario su qualche civiltà ai margini della nostra concezione tecnologica, che è sempre più lontana dall’individuo inteso come parte fondante della società. Proprio questa spersonalizzazione dei rapporti e la distanza sempre più palpabile tra gli esseri umani sembrano venir resettate dai molti amici coinvolti alla voce nel disco, gente che proviene da Autarch, Sol, Gattaca, Wildspeaker, Hyena, Monachus, Fall Of Efrafa… per quella che ancora una volta sembra una vera e propria riunione di famiglia al di fuori delle attuali strategie discografiche e di mercato. Al solito, non saranno in molti ad accorgersi di questo lavoro, che non cambierà di certo le sorti della musica, eppure resta la convinzione che siano proprio piccoli dischi come Fallow e l’opera di musicisti uniti anche nella visione e negli intenti (comprese le label Halo Of Flies e Alerta Antifascista) a donare un piccolo valore aggiunto alla scena musicale odierna. Al solito, tutto disponibile su Bandcamp.