Morricone da recuperare
Se c’è una cosa che ho sempre trovato veramente detestabile e che per me suona come le unghie sulla lavagna è quando si ricorre alla parola “maestro” per un regista o un compositore. Soprattutto nel primo caso, questo epiteto è abusato fino alla nausea per definire persone, magari di talento, che di sicuro non hanno mai insegnato niente a nessuno (e sarebbe anche ora di smettere di vedere tutto in maniera così competitiva). Se c’era però qualcuno che non poteva non essere chiamato in questo modo, questi è Ennio Morricone. Il suo è un caso che rimane più unico che raro: è difficile riassumere una carriera di un artista così prolifico, che ha “fatto un sacco di soldi con i film” (per citare Vittorio Sgarbi nel celebre triello con Maurizio Mosca e Pasquale Squitieri al Processo di Biscardi) e altrettanti con gli arrangiamenti per la RCA, meritandosi ogni singolo centesimo per le incredibili innovazioni che ha portato alla musica per il cinema e non solo. Fa sorridere il fatto che gli abbiano dato “solo” un Oscar alla carriera e uno per “The Hateful Eight” (ha vinto anche altri premi, però sarà sempre troppo poco). Ma al di là dei riconoscimenti, buona parte della sua popolarità gli è arrivata grazie a pochissimi, grandi lavori (quelli per Sergio Leone e per Elio Petri, per citarne alcuni) che sono una goccia nell’oceano di ciò che ha fatto. I suoi fan si dividono in due: quelli che sono rimasti giustamente incantati da “C’Era Una Volta In America” e “Il Buono Il Brutto Il Cattivo”, e che sono abituati ad un Morricone molto melodico, e quelli che poi invece conoscono bene il cinema italiano e se lo sono ritrovato ovunque, in molteplici forme che riflettono la sua natura di compositore contemporaneo (forse molti di questi ultimi sono lettori di questo sito). Questa è una breve retrospettiva di una carriera sterminata: sono stati selezionati alcuni tra i momenti più salienti della sua produzione, nel tentativo di inquadrarlo in maniera più ampia e di invitare qualcuno a vedersi/rivedersi alcuni film che probabilmente senza le sue musiche avrebbero avuto un carattere diverso. Non va vista come “il meglio di Morricone”, ma come un recupero di alcune cose notevoli (tra le tantissime) che meriterebbero più attenzione, al posto di tante altre che vengono sempre tirate in ballo.
THE GROUP, The Feed Back (1970)
Iniziamo parlando di uno dei suoi lavori non legati al cinema, ma alla sperimentazione sonora. Di questo in realtà Maurizio Inchingoli scrisse una recensione più approfondita. Dietro il collettivo, noto anche come Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, si celavano molti mostri sacri come Franco Evangelisti ed Egisto Macchi. Personaggi che – tra altre cose – hanno a lungo composto per la RAI musiche di repertorio per documentari, alle quali in seguito è stato dato nuovo valore, al di là della loro apparente funzione di servizio. Morricone iniziò a studiare la musica suonando la tromba: a 14 anni si iscrisse al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma per studiare questo strumento, prima ancora di dedicarsi alla composizione e di diventare allievo di Goffredo Petrassi. Il padre Mario era un trombettista che manteneva la famiglia suonando nei locali, ma si ammalò giovane e lui dovette sostituirlo. Su The Feed-back lo troviamo anche in questa veste: si tratta di un lavoro che ha anticipato il kraut rock di Can e Neu!, che tra deliri chitarristici, archi e ottoni si dimostra veramente all’avanguardia, nel significato più vero del termine.
Una Lucertola Con La Pelle Di Donna (1971)
Una delle cose che hanno sempre caratterizzato Morricone è l’attenzione per le novità. Ha sempre citato Mahler e Stravinskij come sue principali influenze per la musica per il cinema, ma i suoni delle chitarre nella Trilogia del Dollaro sono figli del surf rock che in quel periodo stava facendo sfracelli oltreoceano. Mentre la psichedelia spopolava in tutto il mondo, in Italia non abbiamo mai avuto una scena vera e propria legata al “genere” (fatta eccezione per pochi episodi isolati come Le Stelle di Mario Schifano). Morricone prende nota e – in un momento in cui buona parte delle canzonette che piacciono agli Italiani vedono lui dietro alla composizione e/o agli arrangiamenti – riesce contemporaneamente a plasmare il gusto di massa e a stravolgere la musica con esperimenti molto arditi. I momenti migliori di questo periodo sono raccolti nella compilation Crime And Dissonance, curata da Alan Bishop per Ipecac Recordings. Tra questi menzioniamo “Giorno Di Notte”, episodio di puro rock psichedelico acido pieno di wah wah sulle chitarre tratto da “Una Lucertola Con La Pelle Di Donna” di Lucio Fulci, ancora prima che questi divenisse il master of gore. Si tratta di un thriller lisergico a sfondo erotico, uno dei diversi esempi di cinema di genere molto ben esportabile perché molto poco provinciale e al passo coi tempi. Degni di nota sono anche altri brani nella colonna sonora, per esempio “Fondate Paure”, “Sfinge” e “Spiriti”, che rendono bene l’idea del clima inquietante e onirico del film.
Morricone per Dario Argento
Rimanendo su un tema non troppo distante da quello già affrontato, è giusto parlare dei lavori del maestro per Dario Argento. Sebbene il regista romano sia più spesso associato ai Goblin, come tutti gli appassionati del genere sanno scelse Morricone per le colonne sonore de “L’Uccello Dalle Piume di Cristallo”, “Il Gatto A Nove Code” e “Quattro Mosche Di Velluto Grigio”. Soprattutto nei primi due, ci sono episodi di tensione unici. Pur non essendoci temi portanti come nel caso di “Profondo Rosso” e “Suspiria”, il clima che viene a crearsi è molto – appunto – più teso e “sospeso nel vuoto” di quanto poi succederà in seguito quando il controllo verrà preso da Claudio Simonetti (ciò ovviamente non sminuisce il valore di quanto da lui fatto). Nella già citata Crime And Dissonance è presente anche diverso materiale per Dario Argento, tra cui vale la pena di citare i titoli di testa de “L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo”, con il sublime contributo vocale di Edda Dell’Orso (una delle collaboratrici più conosciute di Morricone) e “Placcaggio”, tratto da “Il Gatto A Nove Code”, scandito da un basso ossessivo che difficilmente può essere dimenticato.
La Battaglia Di Algeri (1966)
Come già scritto sopra, la produzione morriconiana è sterminata e nei suoi concerti venivano scelti quasi solo i brani più celebri, quelli più facilmente eseguibili da un’orchestra sinfonica e che mettevano/mettono d’accordo un po’ tutti. In tutto ciò più di una volta nelle sue scalette si dava spazio a quanto realizzato per il cinema “politico”, vedi “Sacco E Vanzetti” di Giuliano Montaldo, l’immancabile “Indagine Su Un Cittadino Al Di Sopra di Ogni Sospetto” e i film di Gillo Pontecorvo, come “Queimada” e “La Battaglia Di Algeri”, pellicola sulla quale è il caso di soffermarsi, vuoi per il tema marziale della “title-track”, ma anche ad altri suoi episodi, vedi la calda drammaticità di “Theme Of Ali”, l’atmosfera mistica ed epica di “Surrounding The Casbah” e “Sorrow In The Casbah” (entrambe di meno di un minuto di durata) e l’organo su “Tortures”.
Un Sacco Bello (1980)
Dopo aver parlato di avanguardia e sperimentazione, cambiamo totalmente registro, in maniera anche brutale. Proprio perché qui anche qui sta la grandezza di un artista del genere. Per il suo primo film Carlo Verdone, da bravo appassionato di rock, voleva i Cream come colonna sonora, ma Sergio Leone, produttore del film e attento osservatore durante le riprese, non era assolutamente d’accordo e gli suggerì di chiamare il maestro. Quello che ne uscì fuori fu il tema principale del film, che rileggeva in chiave scherzosa e molto leggera tutte le componenti del sound morriconiano dei western, molto drammatico e carico di pathos ed epicità. Secondo Chicoria su “Butterfly Knife” “Roma ad Agosto non è un bel posto”, ma in realtà lo spopolamento della città può rivelarsi molto piacevole in quanto sì, si è rimasti da soli con un caldo atroce, ma in un luogo bellissimo e in cui finalmente si torna a circolare liberamente, senza il traffico bestiale che intasa la città durante l’anno. La bellezza del tema di Un Sacco Bello sta proprio nel rappresentare una situazione che va ben oltre quella paradossale raccontata nel film.
Come detto sopra, questi sono solo alcuni tra i momenti migliori di Ennio Morricone, che diversi lettori già conosceranno ma che ho ritenuto giusto evidenziare per mettere in luce le diverse sfaccettature di un compositore di incredibile successo e popolarità ma che viene spesso citato dal grande pubblico per il 2% della sua produzione, che invece contiene anche molti episodi composti magari solo “per lavoro”, che a volte si assomigliano l’un l’altro ma che rimangono di incredibile valore. Motivo per il quale quel “maestro” se lo è effettivamente meritato.