Morgia, Magliocchi, confini, cancelli
Percorsi non lineari?
Capita di andare a festival come All Frontiers di Gradisca d’Isonzo per vederci gente come Merzbow, Keiji Haino, Scanner o Z’ev. Poi però si finisce per scoprire il trio à la Painkiller Brötzmann-Pliakas-Wertmuller o per ammirare Anthony Braxton (così all frontiers inside da comparire in un disco coi Wolf Eyes), arrivando dunque in tutto e per tutto al jazz e all’improvvisazione, specie nel caso degli ospiti e degli ensemble meno “di richiamo”. Capita pure in Inghilterra di assistere al Festival Sottovoce (sic), durante il quale nella stessa giornata si esibiscono prima (artisti a me sconosciuti come) Christine Sehnaoui e Christian Munthe, col loro approccio assurdo a sax e chitarra acustica, poi i Blood Stereo tra fili e cavi. Ci sono dunque realtà dove tutti questi generi e tutti questi background in apparenza differenti si sovrappongono e convivono, si direbbe (a volte) splendidamente. Ci sono del resto pure fanzine cartacee come la consigliatissima Solar Ipse, nella quale si legge di Starfuckers, Lucertulas, Penderecki e stoner band. Come se certi confini dovessero essere ridiscussi, insomma.
Fare le presentazioni
Se si ragiona come quelli di All Frontiers e del Sottovoce, non ci si stupisce delle storie diverse di Marcello Magliocchi e Ninni Morgia, che pubblicano il secondo episodio della loro collaborazione proprio sull’etichetta emanazione di Solar Ipse (artwork in un più godurioso formato A5, come la fanzine). Marcello Magliocchi, percussionista classe 1957, vive a Monopoli (Bari): la sua biografia è fatta di jazz e miriadi di relazioni in quest’ambito. Lavora anche con la UFIP, dato che è in grado di progettare i suoi ferri del mestiere, segno di una ricerca particolare sul suono e i suoi timbri, fondamentale per ricordarsi sempre che queste persone “conoscono” il proprio strumento a modo loro. Il più giovane Ninni Morgia, catanese, è un altro che difficilmente suona sempre con le stesse persone. Come difficilmente sta negli stessi posti, dato che da musicista ha vissuto a New York per qualche anno. In contesti rock c’è chi l’avrà sentito nei La Otracina, chi nei White Tornado, ma si sta parlando di qualcuno in grado di abbracciare una più ampia gamma di stili. Conosce Magliocchi relativamente da poco, dopo averlo visto sul palco con William Parker. Il contrabbassista, per inciso, ha lavorato con entrambi i protagonisti di questa storia.
Sound Gates e Season Two
Il primo esito della collaborazione tra i due è il vinile Sound Gates (2011) ed esce per Ultramarine di Silvia Kastel, con la quale Morgia forma i Control Unit. Si inizia come se fosse il Thomas Köner di Nunatak a suonare assieme al chitarrista siciliano, che si adegua piegando il suo strumento a esigenze “ambient”, avvicinandosi per certi versi alla musica concreta (o al primo Ambarchi forse?). Non va sempre così, perché i due non costruiscono solo situazioni stranianti, ma sanno anche come esplodere a tutta forza, il che costituisce una salutare variazione.
Season Two (2012) nasce da una registrazione live operata da Kastel e giunge nello stereo col mastering di Scott Colburn. In questo cd si sente molto meno Köner, per intenderci, nonostante il fascino ambient indiscutibile della prima parte di “Medusa”, che non deve farci però trascurare la potenza devastante della seconda. Generalmente questo disco è molto più brullo e frastagliato, col lavoro percussivo di Magliocchi in apparenza più caotico. Maggiore sembra anche l’impatto: Morgia è molto più noise, assecondato in aggressività da Marcello. Si arriva alla fine con “Not Here, But Elsewhere” chiusi in angolo a prenderle tutte in faccia.
Queste persone, ribadisco, conoscono a modo loro i propri strumenti. La parola chiave è curiosità.