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MONOH, Monoh

MONOH, Monoh

Roger Odermatt aka Monoh, svizzero, suona anzitutto il sitar, ma in questo breve ep (quattro pezzi di 18 minuti, più un edit) cerca di combinarlo con l’elettronica: il rischio di risultare kitsch, dunque, è altissimo, anche se tra Occidente e India ci sono stati incontri musicali che sono passati alla storia. Questo è quello Roger che racconta dei suoi inizi (fonte: ufficio stampa): Ho studiato sitar con Shalil Shankar per più di dieci anni. Shalil era discepolo di Ravi Shankar nei Sessanta. Prima suonavo la chitarra in band “occidentali”, ma con una di esse ho provato anche il sitar. Ciò che mi affascinava profondamente della musica indiana era l’aspetto d’improvvisazione, che è così intricato che mi ha semplicemente mandato fuori di testa. Cercavo la stessa libertà che questi maestri avevano suonando insieme. Mi sono messo seriamente a studiare e ho mollato gruppi per focalizzarmi sull’esercizio giornaliero col sitar e per stare col mio maestro il più possibile. È stato qualcosa di profondo e ho imparato molto! Ma a un certo punto mi sentivo un po’ ingabbiato in quello stile e ho cominciato a sentire la mancanza della connessione con un pubblico più giovane. Vedi, durante il periodo passato con Shankar nel suo trio, suonavo principalmente in sale concerto classiche oppure a festival o ancora in chiese. Ho dovuto ammettere di fronte me stesso che stavo andando nella direzione sbagliata. La musica che faccio come Monoh è ciò che voglio fare ora. Suono nei club e mi sento più vicino ai miei simili. Allo stesso tempo sto sempre progredendo dal punto di vista musicale e in generale creativo. Chi lo sa… la mia prossima uscita potrebbe essere interamente acustica. O magari techno col sitar come strumento leader. Cerco di essere aperto e lasciare che le cose succedano. Non sta raccontando bugie: ci sono molti richiami al mondo della dance, anche se non è techno il primo aggettivo che gli metterei vicino (non direste che “With Attitude” è un pezzo breakbeat?). Accanto a questa tendenza, ce n’è un’altra decisamente più atmosferica, direi ambient: ascoltare “Panjaam”, che possiede qualche leggerissima sfumatura trip hop, presente anche in “Zooloo”, ma anche l’immensamente malinconica “For Good”, in cui a fare la parte del leone è comunque una lunga improvvisazione con lo strumento principe del disco. Monoh non è la nuova Asian Dub Foundation: in qualche modo, infatti, si sente l’assenza di un reale incrocio genetico alla base, ma non mi ha dato l’idea di essere nemmeno uno che fa new age da cestone per l’autogrill. Vedremo cosa ci porterà il futuro: dosare con gusto e senza eccessi gli ingredienti (in questo caso le parti non etniche) è un esercizio difficilissimo.

Per “With Attitude” è stato realizzato anche un video, che pubblichiamo qui sotto. L’autore è Jan Sommer: potevo pensare a un’altra traccia per cui realizzare un video, ma Jan era stato molto chiaro sul fatto che doveva essere questa. Abbiamo cominciato a scambiarci idee, foto e “filosofie” via mail e per telefono. Siccome Jan vive a Berlino e io a Zurigo, abbiamo dovuto lavorare così. Jan aveva già una visione chiara subito dopo aver sentito la traccia per la prima volta. Gli ho dato qualche input sui personaggi e ho detto che volevo un gufo nel video. A parte questo, gli ho dato carta bianca e lui ha partorito un capolavoro. Ho avuto esperienze simili a quella nel video, nelle quali tutto sembrava chiaro e connesso. Sfortunatamente è cosa rara, dato che di solito la vita non è così chiara e semplice. Però mi sono sentito così in uno stato al confine tra l’essere svegli e l’addormentarsi. Rilassato e libero da preoccupazioni. Quasi come se stessi sognando, pur essendo ancora abbastanza cosciente da godermi questa sensazione di completezza (fonte: ufficio stampa).