MONDKOPF, They Fall But You Don’t
Chi seguiva Paul Régimbeau/Mondkopf resterà o è già rimasto spiazzato da They Fall But You Don’t, un disco che è una reazione agli attentati terroristici parigini. Niente techno-industrial, insomma, ma una specie di “maximal minimalism” à la Irisarri di A Fragile Geography, fatte le dovute distinzioni. Un album dal sound omogeneo, triste, ma che nei suoi crescendo funge da sfogo, da pianto che serve a svuotare la mente e ricominciare (tu non sei caduto). Del resto ogni pezzo, numerato progressivamente, è intitolato “Vivere”. La struttura è semplice, il metodo compositivo è abbastanza nuovo per Paul, dato che qui suona una serie di sintetizzatori creando disegni molto lineari, ma di sicuro più immediati ed emozionanti. Niente battito e meno programmazione si direbbe, dunque meno cervello, e più spontaneità, un percorso nuovo che si può vedere anche in progetti come Foudre! e dalla partecipazione al nuovo album degli Oiseaux-Tempête, nel contesto del quale Régimbeau si confronta con dei signori musicisti (penso anche agli ospiti), occupandosi dei synth in molte tracce.
Curiosissimo (ma appropriato) il finale, in cui si riporta il discorso del bambino parmense del documentario di Silvano Agosti “D’amore si vive”, che ci spiega con disarmante assenza di sovrastrutture perché stiamo al mondo. Si merita un ascolto sicuramente.