MOE, The Crone
I norvegesi MoE sono un altro di quei nomi che troverete spesso su The New Noise, merito anche di split e collaborazioni con Gerda, Mette Rasmussen e Lasse Marhaug (che qui si occupa dell’artwork): hanno sempre gravitato all’interno di quella ragnatela i cui fili sottili finiscono per riannodare molta della musica solo apparentemente slegata che rientra nel nostro radar. Con il nuovo album The Crone i puntini vengono uniti anche a livello sonoro, perché all’interno delle sette tracce ritroviamo stili e linguaggi differenti, dai riff sludge, che aprono le ostilità e ne formano l’ossatura portante, a fasi via via più dissonanti che finiscono per smembrare la struttura dei pezzi tra feedback, percussioni, fiati e archi che ne cambiano via via le vesti. Su tutto si erge la voce di Guro, capace di mutare forma per adattarsi ai brani o forse motore delle mutazioni cui gli strumenti si piegano, fatto sta che è lei ad uscirne come vero tratto d’unione e punto di riferimento che tutto tiene insieme e riconduce all’interno di un percorso a suo modo omogeneo. L’altro protagonista, come accennavamo sopra, è il riff, monolitico, grosso e corposo, sempre pronto a battersi per rubare spazio alla voce e a controbattere ai suoi cambi di umore anche quando si tenta di relegarlo nelle retrovie, dietro un muro di suoni dissezionati, o addirittura a estrometterlo, come nella prima parte della finale “White Rose (Monster)”. Sembra quasi di ritrovarsi sotto la colata di pece cui ci sottoponevano i BSoN (Black Shape Of Nexus), tanta è la materialità delle bordate cui siamo sottoposti e che fuoriescono dalle casse facendole vibrare. A tratti, poi, la voce di Guro si fa cantilena e sembra quasi di ascoltare una filastrocca: Fabrizio Garau nel presentare l’intervista agli Sneers ha parlato di filastrocche piene di lividi e questa definizione finisce per apparire ficcante anche in questo caso, forse perché le voci di Guro e Greta a tratti percorrono sentieri adiacenti e ottengono lo stesso effetto straniante sull’ascoltatore. The Crone è un disco in cui i MoE hanno messo molto del loro percorso e di ciò che hanno incontrato lungo la strada, il portato di un viaggio sonoro che li ha visti mutare forma e mettersi in gioco in differenti contesti, sempre pronti a confrontarsi e misurarsi con altri musicisti per allargare la propria visione sonora. Noi di sicuro continueremo a seguirli da vicino proprio perché capaci di assorbire come spugne tutto ciò che va a collidere su una visione del suono che si ribella alle codifiche, che rifiuta lo status quo come fortino da difendere.