MISHA CHYLKOVA, Dancing The Same Dance
È una musica notturna e sofferta quella contenuta nel primo disco di Misha Chylkova, origini ceche, passati londinesi e presenti meneghini. Ospiti illustri nel disco sono Darren Hayman (già con gli Hefner) e Ian Button (dei Death in Vegas), ma la luce, un faro fioco che lascia l’oscurità tutta intorno, è soltanto per lei. Una centralità vocale con la capacità però di sviare fra influenze e atmosfere, in dieci brani che sorprendono per maturità e suono. Vengono in mente voci maestose e ornamenti da signora, uniti a un songwriting che ripercorre l’andamento dell’amore, dalla nascita alla dissoluzione. E in fondo, di che si vuol parlare in un disco? Un disco di trasporto e passione, ebbro di dolore e di tensione. A occhio, questo è solo un primo passo verso la dimensione dei grandi nomi. Mi viene in mente Crumpled Canvas di Francesca Bono, uno dei dischi che più ho amato quest’anno: non voglio dire che siano simili, ma mi trovo a pensare che siano passate attraverso ascolti comuni e che siano poi state in grado di elaborare i propri riferimenti in maniera molto personale. “Dancing The Same Dance” sembra un disco di fantasmi, dove la ripetizione è quella dell’incaponimento umano e dove la voce prova in tutti i modi a farsi portatrice di espressione, di riflessione, di catarsi.
“Sparrows” vira in direzione quasi folk, togliendo forse intensità ma aumentando le diverse tonalità di un lavoro che, prendendosi più luce, ci svela un lato più tenue, pur rimanendo in assoluta sobrietà, di Misha. Così “I Will”, per arrivare fino alle spire di “Doing It All Wrong”, con l’intervento di una fisarmonica a spezzare una rotazione tortuosa. Il suono è un’onda avvolgente, Misha si lascia trasportare e, insieme a Jonathan Clayton, che produce, mixa e masterizza, tira fuori un lavoro da tenere per le stagioni più brumose degli anni a venire. Interessante sarà capire come questo lavoro verrà sviluppato dal vivo e dove si calcherà la mano, se sulla semplicità voce e corda oppure sull’arrangiamento e sull’atmosfera. Quel che possiamo dire ora, però, è che una notte passata con Misha Chylkova a ballare la medesima danza è una delle perdite di tempo più fascinose degli ultimi tempi. Giusto un’ultima carezza, la title-track mentre albeggia, parole ritmate su suoni che sembrano provenire da una costa lontana, prima di un pianoforte che segni il moto perpetuo del mare, delle relazioni e della musica.