MIO, Jedes Wort Eine Lüge
Il nuovo lavoro dei Mio, partiti come duo chitarra/batteria e dal 2010 rafforzati dall’inserimento della cantante Barbara, è un magma di nervi scoperti e dolore urlato, suoni taglienti e improvvisi scatti di rabbia. A cavallo tra screamo e postcore venato di noise, è sporcato quel che serve da attitudine crust e riesce anche a crearsi delle “aperture” che scongiurino la claustrofobia del tutto. I cinque brani mostrano una formazione alla ricerca di un confronto diretto con le proprie angosce e capace di viaggiare sempre sull’orlo del collasso finale. Come una lega instabile, la scrittura dei Mio non è facile da incasellare, seppure non appaia eccessivamente complicato rintracciarne il background, radicato negli anni Novanta (ma al contempo dotato di una spinta al superamento delle barriere e degli steccati di genere). Ci si trova di fronte a una gemma grezza, ancora sporca di fango e terra rimossa, impura nel suo offrirsi nuda all’ascoltatore e, proprio per questo, ricca di sfaccettature, mai scontata o troppo lineare. La voce strozzata, sempre tesa allo spasmo, si spezza su linee strumentali sghembe e sfuggenti, figlie di quel nervosismo che ha caratterizzato da sempre le frange più estreme della scena hardcore anni Novanta. Non si sta ovviamente parlando di machismo di scuola metal: al contrario, nei Mio non esiste voglia di gonfiare i suoni, né si cerca qualche colpo di teatro capace di attirare un pubblico più ampio. Tutto sembra andare nella direzione del caos e della dissonanza per poi rientrare con fragili linee melodiche che spezzano l’andatura e colorano di toni caldi la furia distruttiva, come in “Leb Schnell, Stirb Langsam”, perfetto esempio delle potenzialità del trio. Si potrebbe affermare che la band sia ancora alla ricerca di una quadratura perfetta, che dovrebbe limare alcuni angoli ancora scoperti, ma a dire il vero sono proprio queste imprecisioni e sbavature a rendere il tutto coeso e capace di sopravvivere alla furia degli elementi, proprio come una zattera persa nel Maelström. Davvero interessanti.