MindWars: corsi e ricorsi storici
Avevamo già parlato con Mike Alvord ai tempi del debutto dei suoi MindWars, un disco che raccoglieva materiale scritto dal chitarrista degli Holy Terror nel corso degli anni e lasciato in un cassetto fino all’incontro con i due musicisti italiani Roby Vitari e Danny Pizzi. Da allora la band ha realizzato altri tre album, aggiustato l’assetto della line-up e firmato un contratto con la Dissonance Productions. Motivi sufficienti per tornare sul luogo del delitto e acquisire nuovi indizi.
Ciao Mike, è passato parecchio tempo dalla nostra ultima chiacchierata. Cosa ci racconti a proposito dei recenti cambiamenti, mi riferisco al passaggio di Danny alla chitarra e al nuovo bassista Rick? Cosa altro è successo tra Do Unto Others e The Fourth Turning?
Mike Alvord: Ciao e grazie per questa intervista, spero tu stia bene. La decisione, con l’entrata di Rick, di spostare Danny alla chitarra è stata naturale, nel senso di non pianificata. Qualche anno fa Roby si è trasferito negli States e da allora viviamo vicini, per cui abbiamo cominciato a provare più spesso. A quel punto, sono cominciate ad arrivare offerte per suonare dal vivo ma, con Danny che vive ancora in Italia, abbiamo dovuto rifiutarne alcune. Visto che abbiamo sempre voglia di suonare live, quando è arrivata la proposta della Schecter Guitars di suonare al loro after-party al NAMM, non abbiamo potuto rifiutare, Conoscevo Rick da un po’ e ho buttato lì a Roby di prendere a bordo Rick per qualche concerto negli USA. Abbiamo lanciato l’idea anche a Danny e lui è stato d’accordo. All’inizio pensavamo che Rick sarebbe stato il nostro bassista per gli States e Danny quello europeo. Quando, però, abbiamo cominciato a registrare il quarto album eravamo di fronte ad un dilemma. Io e Roby abbiamo discusso della possibilità di spostare Danny alla chitarra, che comunque resta il suo strumento naturale. Lui ha accettato e Rick è stato felice di suonare il basso con noi. Questo è quanto, in poche parole.
Di sicuro avete percorso una lunga strada dall’uscita di The Enemy Within, siete stati in grado di trasformare un progetto in una vera band con quattro album all’attivo e una solida reputazione nella scena metal. Che sensazioni provi guardando indietro agli inizi quando hai deciso per la prima volta di completare e registrare la musica dei MindWars?
Le origini dei MindWars sono dovute a un colpo di fortuna. Non fosse stato per i social, io e Roby non saremmo tornati in contatto. Quando abbiamo cominciato a chattare, era più che altro una cosa di nostalgia e di rivivere quel brivido del thrash/speed anni Ottanta. Io avevo già pronta la maggior parte di The Enemy Within quando io e Roby ci siamo ritrovati su Facebook, quindi quel disco era più che altro un lavoro di Mike Alvord post Holy Terror, seppure a venticinque anni di distanza, non il lavoro di una band vera e propria. A parte il fatto di essermi incontrato con Roby nel 1989, nessuno di noi era nella stessa stanza quando abbiamo registrato il disco, né aveva mai provato o suonato dal vivo insieme agli altri. Quando è uscito The Enemy Within, Danny e Roby sono volati a Los Angeles e abbiamo fatto un mini tour. Abbiamo provato due giorni e cominciato subito a suonare dal vivo. Nonostante non ci conoscessimo realmente, ci siamo trovati bene e al momento di lavorare su Sworn To Secrecy ci sentivamo più come una vera band.
I MindWars hanno ovviamente preso il loro nome dagli Holy Terror e il nuovo album ha un pezzo intitolato “Holy Terror”. Credi che dopo quattro dischi questo legame sia ancora importante per la vostra musica? Cosa provi quando pensi alla tua vecchia band?
Dallo scioglimento degli Holy Terror sono stato in pratica per venticinque anni del tutto assente dalle scene, quindi tutto ciò per cui ero conosciuto era l’esser stato parte di una delle band speed/thrash più sottovalutate del tempo. Così, quando è venuto il momento di dare un nome alla nuova band, volevamo creare in qualche modo un legame con la precedente. Avevo scritto una canzone dieci anni dopo lo scioglimento degli Holy Terror che si chiamava “Judas Redemption” e inizialmente abbiamo pensato a questo come nome, abbiamo buttato lì anche Judas Reward, Do Unto Others e molti altri, ma nessuno ci sembrava funzionare. Io e Roby parlavamo di come gli Holy Terror fossero scomparsi dalle scene tanto velocemente quanto erano comparsi e l’ultimo ricordo lasciato fosse l’album Mind Wars (scritto staccato). Abbiamo così pensato di creare una nuova parola scrivendole attaccate e questo è tutto. Non siamo di sicuro gli Holy Terror né abbiamo mai preteso di esserlo. La canzone “Holy Terror” è il risultato del tormento costante inflittomi da un mio amico che mi chiedeva in continuazione perché non ci fosse un brano chiamato “Holy Terror”, così gli ho detto che ne avrei scritto uno per The Fourth Turning. Di sicuro ha degli elementi del mio vecchio gruppo. Per quanto riguarda il legame tra me, gli Holy Terror e i MindWars, credo che sia una cosa che resterà per sempre. Sebbene abbia scritto solo tre canzoni durante la mia permanenza nella band, io sono enormemente influenzato dalla sua musica. Quindi penso ci sarà sempre un retrogusto di Holy Terror nella mia scrittura, anche se credo di aver anche ideato della musica che non sarebbe mai finita in un loro disco.
The Fourth Turning è sia il titolo della prima traccia di Do Unto Others che quello del nuovo album, c’è un concept o una trama che lega i due dischi o un motivo specifico per che vi ha spinto a riutilizzarlo?
Altre band hanno scritto canzoni basate sul titolo di un album, ma è più inusuale intitolare un album basandosi su una canzone del precedente. Nella mia testa ha un senso ben definito, quando scrivevo brani per il nostro terzo lavoro Do Unto Others, stavo leggendo varie cose a proposito dei cicli storici e delle svolte, per cui The Fourth Turning era una riflessione su ciò che leggevo al tempo. Poi, quando è venuto il momento di decidere un titolo per il nuovo disco, abbiamo usato il nome provvisorio di Blood Red. Io non ne ero per nulla entusiasta e avrei voluto scegliere The Awakening, poi i Sacred Reich hanno fatto uscire The Awakening e abbiamo dovuto scartarlo. Via via che i testi passavano dalla mia mente alla carta è diventato sempre più evidente che stavamo per affrontare dei tempi straordinari e The Fourth Turning sembrava adattarsi alla perfezione. Quindi, se vogliamo, la canzone ha precorso l’intero disco.
La vostra musica riesce a bilanciare un lato aggressivo con un marcato gusto per le linee melodiche: seguite uno schema quando provate/registrate o vi lasciate aperti a ciò che vi viene in mente? In pratica, c’è qualcosa che lasciate fuori dai MindWars perché non rientra nella loro visione o nel loro immaginario?
Il nostro processo di scrittura si è leggermente evoluto lungo gli anni, ma un punto che resta sempre fermo è rappresentato dalla centralità dei riff. Ci sono periodi in cui sento una tonnellata di riff nella mia testa e li canticchio al cellulare o in qualsiasi strumento di registrazione abbia a portata di mano. A quel punto li registro con la chitarra e li mando a Roby. In genere, capiamo subito quali terremo e quali finiranno nel cestino. Per The Fourth Turning alcuni di quelli che non erano in cima alla lista sono arrivati in sala prove, ma giunti a quel punto sapevamo già cosa tenere e cosa no. Per questo album credo avessimo circa tredici canzoni, così le abbiamo ridotte a dieci e abbiamo cominciato a registrare. Fino ad ora i MindWars erano stati una band con una sola chitarra e, quindi, evitavo di creare troppe armonie per due chitarre che non avrei potuto riprodurre dal vivo, ma con Danny al mio fianco mi sento più libero di creare armonie per i nostri brani. Così ho affrontato questo disco come un lavoro per due chitarre.
Ha anche un piglio old-school ma con un che di attuale e, di certo, è lontano dall’essere una semplice celebrazione dell’epoca d’oro del metal. Continui ad ascoltare nuove band? C’è qualcosa nel metal moderno che entra nella tua dieta quotidiana o resti attaccato alle vecchie ricette e ai vecchi sapori?
Come ascoltatore tendo a restare affezionato alle vecchie ricette. Provo comunque ad ascoltare anche del metal nuovo e più moderno, ma non mi resta in mente. Dopo esser cresciuto nell’epoca d’oro del metal e averlo ascoltato per decenni, è difficile che queste influenze non si riflettano nella mia scrittura. Ma ascolto anche una gran varietà di musica differente, come Deke Dickerson e Redd Volkaert, e sono sempre stato anche un appassionato di punk rock, anche se non vedo molto punk nuovo in giro. È comunque interessante vedere come molte band degli Ottanta e Novanta continuino a tirar fuori musica basata sulle loro radici: gruppi come Testament, Exodus e Death Angel continuano a scrivere musica come facevano al tempo. Se ascolti con attenzione qualche nostro vecchio brano, potresti scoprire addirittura degli accenni di Brian Setzer. I MindWars sono cresciuti e hanno attraversato alcuni cambiamenti e credo che continueremo a farlo, ma nel bene e nel male credo che avremo sempre dei legami con il passato.
Avete realizzato un video animato per il brano “The System”, ti va di raccontarci qualcosa di questa esperienza e del vostro rapport con le arti visive? Chi si è occupato del video e come è nato?
Vorrei poterti dire che abbiamo avuto profonde conversazioni e discussioni sul video e di come si collega a “The System”, ma ti mentirei. Potresti non credermi, ma come per molte cose legate ai MindWars è semplicemente capitato. Stavo parlando con Roby di creare un video animato per una delle canzoni, non avevamo un’idea particolare, ne stavamo solo discutendo e Roby è amico di un famoso artista italiano ma, purtroppo, sarebbe costato troppo realizzarlo con lui. Mentre ci ragionavamo sopra, ho scritto qualcosa nella barra di ricerca di YouTube e abbiamo trovato questo video, così lo abbiamo guardato e abbiamo pensato immediatamente al brano “The System”. Abbiamo guardato nuovamente il video facendo andare “The System” in sottofondo e si incastravano alla perfezione. Roby ha passato la settimana successiva a cercare di contattare chi lo aveva realizzato e dopo una decina di giorni abbiamo ricevuto una risposta in cui ci dicevano che lo potevamo utilizzare. Abbiamo aggiunto il nome della band e il titolo della canzone, un paio di frasi di testo ed eccoci qui. Non una cosa sexy o un processo profondo, ma è tipico di come accadono le cose nei MindWars.
Sul disco avete deciso di includere anche un omaggio agli Slayer, “Criminally Insane”. Credi esista una nuova band in grado di avere un impatto simile sulla scena metal, oggi? Quali credi siano gli aspetti che rendono gli Slayer così speciali?
La risposta breve è no, gli Slayer erano unici. Per me, sono stati l’unica band del tempo ad aderire ad una filosofia simile. I Metallica sono stati i leader del thrash, ma hanno cambiato decisamente il loro sound e questo cambiamento li ha fatti accettare dal grande pubblico. Gli Slayer non sono mai realmente cambiati. Senza Jeff e Dave non sono però più gli Slayer, Repentless è un gran album e Holt e Bostaph sono musicisti incredibili, ma senza Jeff e Dave non sono gli Slayer. Ho sentito che Kerry ha un nuovo progetto e sono sicuro che suonerà simile agli Slayer, ma non sarà più la stessa cosa. Non dico che sarà peggio, semplicemente non uguale. La nostra decisione di omaggiarli con “Criminally Insane” è stato un altro caso. Di certo, è legata al loro ritiro dalle scene, ma non abbiamo mai pensato seriamente di suonare un loro brano, almeno finché a dicembre dello scorso anno non siamo stati contattati per partecipare a un tributo agli Slayer su YouTube. Così, ci siamo detti “Va bene, perché no?”. Volevamo fare “Epidemic”, ma era già stata scelta e noi non volevamo fare una cosa banale e ci piaceva l’idea di scegliere un pezzo dal più grande disco speed/thrash di tutti i tempi. Io volevo anche un brano scritto in toto o almeno in parte da Jeff, così abbiamo deciso per “Criminally Insane”. L’abbiamo registrata durante un fine settimana a gennaio e quando abbiamo parlato con la Dissonance del nuovo disco, ho detto che mi sarebbe piaciuto inserire una cover degli Slayer.
Questo è il vostro secondo lavoro che esce per la Dissonance Productions, etichetta interessante e con alcuni nomi importanti. Come vi siete incontrati e come vanno le cose con loro?
Steve Beatty e tutto lo staff della Dissonance si sono comportati benissimo con noi. Io ho conosciuto Steve ai tempi in cui gli Holy Terror sono stati in tour in Europa e Regno Unito, lui ci ha scoperti dopo il nostro secondo album e mi ha ricontattato per chiederci di unirci alla sua label e, visto che non eravamo sotto contratto con la Punishment 18, abbiamo pensato di accettare. Si è trattato per noi di una sorta di evoluzione, la Punishment 18 si è comportata alla grande e non fosse stato per loro chissà che ne sarebbe stato di noi. Il nostro primo contratto con la Dissonance era per un disco con l’opzione per un secondo ma, sfortunatamente, Do Unto Others non è andato benissimo in termini di vendite, loro comunque ci hanno offerto lo stesso di realizzare un secondo album. Chissà cosa accadrà quando saremo pronti con il quinto. Purtroppo, a causa della pandemia, non siamo stati ancora in grado di promuoverlo dal vivo.
Di sicuro questo è un periodo strano per avere un nuovo lavoro in uscita e nessuna opportunità di suonarlo su un palco. Come vi sentite a riguardo, credete si riuscirà a tornare ad una situazione di normalità nei prossimi mesi?
Sì, è un periodo strano, ci stiamo sforzando di promuovere la nostra musica quanto più possibile sui social media, ma non è abbastanza. I live sono il mezzo ideale per farla conoscere e ho visto che alcuni festival stanno confermando delle band per il 2021, ma solo il tempo saprà dirci se si riuscirà. Se davvero il vaccino è all’orizzonte, probabilmente avverrà nella seconda metà dell’anno, altrimenti, le tue supposizioni su cosa accadrà valgono tanto quanto le mie. Per ora, comunque, non abbiamo ancora ricevuto proposte, cosa abbastanza deprimente visti i molti riscontri positivi ottenuti da The Fourth Turning.
Grazie mille per esserti preso del tempo per rispondere alle mie domande, sentiti libero di aggiungere quello che preferisci o che mi sono scordato di chiederti.
Grazie mille a te per l’intervista, sono le persone come te che mantengono la musica in vita. Stay safe, stay sane, and stay metal! Speed Kills!