Migrare da fermi: due dischi tak:til
Seb Rochford è un batterista scozzese con base a Londra e sangue indiano ed irlandese nelle vene; tra i fondatori di Sons Of Kemet, può vantare collaborazioni con Brian Eno, Patti Smith, David Byrne: parliamo insomma di un musicista poliedrico (si muove anche nell’ambito delle colonne sonore) e che preferisce porre domande piuttosto che affermare, attraverso la sua musica.
PULLED BY MAGNETS, Rose Golden Doorways
Questo nuovo trio, all’esordio su tak:til / Glitterbeat, vede Rochford accompagnato dal collega dei Polar Bear Pete Wareham al sassofono e da Neil Charles al basso. L’album, registrato in presa diretta in una chiesa, senza aggiunte in studio, è abitato da un suono denso, pieno di spazi e riverberi, scuro e melmoso, che pare scaturire da viscere profondissime. Una sorta di dub funebre, quasi la musica di arcaici rituali di terre ignote, suonato sovente con geologica lentezza (l’idea di Bohren Und Der Club Of Gore non è così lontana, per certi versi, anche se i bpm qui sono generalmente meno bradicardici) e spesso con una intenzione che diremmo affine al doom. Le atmosfere sono austere, definitive, si intuisce da qualche parte un’ombra di India, per un disco che potrebbe mettere d’accordo gli accaniti del metal (l’attacco black di Those Among Us, che poi deraglia in una Giamaica grigia, atomica) con i persi per l’ambient e i jazzofili meno conservatori. Per certi aspetti a me ha fatto venire in mente una risposta più minimale e meno free a quanto hanno proposto, nel deserto, Masche qui da noi, qualche tempo fa. Nove tracce che si muovono come pachidermi nello spazio che ospitano uno strano, suadente virus e sembrano venire da un mondo post-apocalittico (quale momento migliore per sentirsele, dunque?), dove dominano ruggine e piogge acide ed una indicibile nostalgia per qualcosa che non c’è e che sfugge alle parole: colonna sonora perfetta per una versione cyber di “Chappaqua”, il leggendario film del 1966 di Conrad Rooks.
JON HASSELL / FARAFINA, Flash Of The Spirit
Il Quarto Mondo, quel posto inventato in musica da Jon Hassell, dove si incontrarono per la prima volta quaranta anni fa (il primo volume, in collaborazione con Eno, di Fourth World – Possible Musics, risale al 1980) le culture non occidentali e l’uso delle moderne tecnologie, manda ancora segnali. Glitterbeat ripubblica, a trentadue anni di distanza, Flash Of The Spirit, ovverosia il dialogo tra il trombettista e compositore di Memphis e i Farafina, collettivo di cantanti, percussionisti e danzatori dal Burkina Faso, Africa Occidentale, che all’epoca avevano già all’attivo collaborazioni con pesi massimi del calibro di Ryuichi Sakamoto e Rolling Stones . Hassell racconta che all’inizio l’ottetto africano era vagamente sospettoso nei confronti dell’operazione (all’epoca era ancora un outsider) ma che una volta settato lo studio (erano della partita David Lanois e Brian Eno) con il loro arsenale di percussioni si misero a costruire pattern ritmici sui quali la tromba processata poteva intervenire in modo creativo. Il risultato? Dieci tracce ipnotiche e grondanti un groove imprendibile che sta da qualche parte a metà strada tra il big bang davisiano di Bitches Brew, il minimalismo estatico e il beat rotolante e inarrestabile della musica africana. Roba che farebbe, e probabilmente ha già fatto friggere, il cervello di uno che poi lo ha fatto (e per fortuna) friggere a noi, come Sun Araw (il suo Icon Give Thank del 2012, con M. Geddes Gengras & The Congos sembra una possibile risposta reggae a questi suoni). Dieci tracce come dieci esplorazioni dove gli spazi sono importanti quanto e più delle note: tessiture, profili che si sfaldano un attimo dopo aver preso forma, vertigini ambientali, una specie di lentissimo mandala elettroacustico costruito con devozione ed ispirazione da sciamani in fungo. Una eco dal passato che ancora risuona di possibilità. Valga per tutti la traccia finale, “Masque (Strength)”: pura magia della migrazione da fermi. Un altro centro per la tak:til, che è oramai diventata una delle etichette da seguire con maggiore attenzione per chi ha le orecchie assetate di musiche impossibili.