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MICHAEL MANTRA, F/C

Mantra

Quest’uomo si occupa di ambient dal lontanissimo 1987 ed è uno dei beniamini di casa Silentes, che – se non erro – da almeno una decina d’anni pensa a pubblicare i suoi lavori. Qui le due parti in causa si fanno e ci fanno un regalo: il vinile perlaceo in edizione limitata, con tanto di libro fotografico, seconda puntata della serie “13” (Fabio Orsi è stato il protagonista della prima). Il lato visivo è molto chiaro: forza della natura e oceani, con l’elemento umano presente ma subordinato e ridimensionato. Con tutta probabilità il grosso delle sorgenti sonore qui è proprio acquatico e lo scopo del disco – esplicitato da Michael stesso – è isolarci con il “suo” rumore dal rumore delle costruzioni umane (fragili se paragonate all’enormità della natura). Entrambi i lati del vinile sono un viaggione dentro a suoni stratificati e densissimi, ma fermi un attimo prima di diventare quel noise di scuola industrial. Il disco, dunque, satura l’udito fino a staccare il cervello dalla realtà, calandolo in un contesto nuovo e quasi spaziale: si sta da qualche parte tra Zbigniew Karkowski e l’ultimo Daniel Menche che campiona le cascate (e perché non citare anche il vento dei Wold?), con punti di contatto con l’ormai mitico Amon, progetto personale di Andrea Marutti/Afe Records. La cosa interessante è che questa non è noiosa musica sperimentale né estrema nel senso di violenta, piuttosto è un esperimento di estremo straniamento. Seconda puntata, secondo centro.

Mantra

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