MEUTE, Empor

Il 10 marzo eravamo all’Alcatraz di Milano per il live dei Meute, due ore di musica senza un attimo di respiro, entusiasmante, trascinante, e fermiamoci qui con gli aggettivi per tentare invece qualche riflessione sul loro contesto di provenienza e sul nuovo disco.

Empor è il quarto album in studio (più un live) del super-gruppo (undici elementi alle prese con fiati o percussioni) formatosi nel 2015 ad Amburgo nel noto quartiere portuale di St. Pauli sull’estuario del grande fiume Elba, area dalla frenetica vita notturna (dai Beatles degli esordi a Xmal Deutschland e Palais Schaumburg di Thomas Fehlmann e Moritz Von Oswald), zona a luci-rosse, gallerie d’arte, traffici di ogni tipo. Amburgo, dunque, che da malfamata e lacera che era a fine millennio si è trasformata negli ultimi due decenni in una sorta di novella Berlino, del resto entrambe godono del particolare status di Stadtstaat (città Stato).

Dopo anni di gavetta i Meute hanno fatto il botto nel 2017 con l’ottima accoglienza di critica e pubblico per il disco d’esordio Tumult e la conseguente partecipazione allo score e alle riprese di “Babylon Berlin”, serie-tv ambientata fra il 1929 ed il 1934 al termine dell’esperienza politica della Repubblica di Weimar, che indaga la crisi di una società danzante sul baratro della definitiva ascesa nazista. Le musiche, con una rilettura tutta contemporanea dell’estetica espressionista tedesca come del jazz, del boogie woogie, del charleston allora in voga, sono concettualmente fedeli a quello Zeitgeist, confidando nell’apporto determinante dei Meute per le travolgenti scene in concerto girate all’interno del berlinese Theater Im Delphi di Prenzalauer Berg, sala scampata ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Thomas Burhorn, trombettista e fondatore dell’ensemble, prosegue con Empor l’invenzione di composizioni moderne per Brass Marching Band con dieci brani, quattro originali (“Vermis”, “Aurora”, “LoCKeDoWN2” e “Hypnose”) e sei reinterpretazione di pezzi di Henrik Schwarz, Innellea, Objekt e anche Sua Maestà Erykah Badu (“Caint Use My Phone”), una miscela anfetaminica con rari break – e suonata esclusivamente da strumenti “tradizionali” – di techno, jazz, deep house, musica bandistica, sonorità exotiche che trasformerebbero chiunque in un indemoniato ballerino del Moka Efti, del Theater Im Delphi e oggi del Tresor ma, intendiamoci, quel che ascoltiamo non è giusto musica da intrattenimento, complessivamente merita attenzione per l’originale intreccio di elementi sonori poliritmici in combinazione con la tessitura orchestrata dalla sezione fiati, interplay tanto geniale nella sua apparente semplicità quanto stratificato e incalzante fino al definitivo, allucinato sfinimento di tutti i presenti!

In rete sono disponibili molti video che bene descrivono quale energia i Meute sprigionino dal vivo nei club, nei teatri e vieppiù per le strade e le piazze delle città che li ospitano, città come Parigi, Barcellona, Berlino o a Roma quando nel 2018 c’eravamo anche noi in Piazza Trilussa con questi undici geniali pifferai, nelle loro sgargianti giubbe rosse, che non la smettevano proprio più di suonare come accade in queste settimane nella tournée che li porta in Europa e Stati Uniti.

Dalle New Orleans Funeral Marching Bands di inizio Novecento a Dirty Dozen Brass Band, The Hot 8 Brass Band, Brass Against Freedom, Broken Brass, le Marching Jazz Band hanno trovato ad Amburgo nuova krautronika linfa nella formula Techno Marching Band, ennesima prova che le vie delle musiche sono davvero infinite.

Tracklist

01. Loss Of Hope
02. Aurora
03. Anti Loudness
04. Hypnose
05. Vermis
06. Caint Use My Phone
07. Lockedown2
08. The Goose That Got Away
09. Bias
10. Come Together