METEOR, Magic Pandemonio
I due Meteor giungono alla famosa prova del terzo disco dopo aver catturato la nostra attenzione con il debutto Anemici/Sangue Dalle Rape (2010) e il successivo Có Còl e Raspe (2013). Sono passati ben quattro anni ed è forte la curiosità di scoprire come i due abbiano messo a frutto il tempo trascorso e verso quali lidi abbiano diretto il loro progetto tra grind e jazz, noise e pulsioni elettroniche. Vale la pena dire subito che con il nuovo Magic Pandemonio si avverte sin dalla prima traccia una maggiore coesione interna, una spinta a mettere a fuoco e direzionare in modo ottimale la scrittura così da ottenere dieci schegge impazzite ma organizzate e maggiormente fluide, tanto che si arriva alla fine della veloce corsa con una sensazione meno unitaria e più dettagliata di ciò che si è ascoltato, non più un vortice sonoro d’insieme ma una serie di brani con una loro spiccata personalità e che pur nel volgere di brevi battute (caratteristica, questa, non abbandonata dai due musicisti) riescono a dar forma a vere e proprie composizioni auto-concluse. Si direbbe che la band abbia fatto tesoro del vecchio consiglio zorniano del riuscire a comprimere l’intero svolgimento nel breve lasso di tempo senza lasciar fuori nulla di ciò che sarebbe presente in una maggiore durata. Insomma, lungi dall’aver abbracciato in toto una forma canzone e sempre saldi alla guida di una trottola impazzita che stende al tappeto in una ripresa, i Meteor hanno saputo smussare gli angoli e calibrare al meglio la propria potenza di fuoco per presentarsi con un disco che colpisce il bersaglio e non si perde lungo la via, per questo ancor più letale e consapevole delle proprie potenzialità. Fa piacere osservare come le intuizioni che avevamo colto ai tempi del debutto e confermato in seguito, anche in sede live dove la proposta si trasforma in happening ludico, abbiano saputo tener testa alla cartina tornasole della terza prova, come già detto in apertura il momento in cui si deve necessariamente mantenere le promesse e dimostrare la propria reale essenza. Se poi ci si riesce senza rinunciare agli elementi fondanti del proprio suono, in questo caso velocità e brevità delle tracce, oltre una padronanza che non si palesa solo nell’infrangere la barriera del suono ma concede molto alla melodia e alla costruzione di linee accattivanti, allora e solo allora potremo dire di trovarci di fronte ad un risultato pieno come nel caso di Magic Pandemonio.