MESSA, Feast For Water
I Messa sono italiani. Ebbene sì, zitti zitti, con un profilo molto basso, stanno guadagnando grandi consensi, più all’estero che in Italia peraltro (hanno fatto un tour negli Stati Uniti, tanto per dire). Soprattutto, hanno appena pubblicato un secondo disco che si staglia decisamente sopra la media del genere. Qual è il genere? Fondamentalmente si tratta di doom. Paradossale è il fatto che i Messa eccellono non tanto negli aspetti eminentemente doom quanto in tutto quello che riescono ad agganciarci e che col doom meno si incastra. La prima eccellenza si trova nella chitarra dal suono fuzz in chiave pesante, ma anche dalle pervicaci influenze anni Settanta nella sua libertà di manovra, quindi hard rock ma anche progressive. La seconda, ancor di più, si trova nella voce di Sara (già bassista dei Restos Humanos che fanno death/grind, pensate un po’), che forse è l’elemento che veramente caratterizza i Messa. È una voce molto calda, alternativamente suadente e penetrante, ben impostata anche se non imbellettata con fronzoli tecnici. È un peccato che non emerga di più dal mix. Mi ripeto, in assoluto è veramente notevole l’unione con elementi atmosferici che solitamente esulano dai canoni di genere. Tanto per dire, il primo minuto di “Snakeskin Drape” sembra uscito dal primo disco di Fever Ray. Non riesco a non pensare che se i Messa lasciassero libero freno all’immaginazione, senza a tutti i costi cercare la pesantezza del doom, potrebbero addirittura raggiungere risultati superlativi. Resta un disco di grande valore, anche se questa annunciata influenza di John Coltrane io non ce l’ho sentita.