MAURICE LOUCA & ELEPHANTINE, Moonshine
Maurice Louca fa le cose su larga scala con questo Moonshine insieme agli Elephantine, una banda delle grandi occasioni con due batterie, due sax e un clarinetto, una tuba, un basso e un vibrafono. Lui si mette alla chitarra, alla lap steel e al synth e si può partire. La ciurma è cosmopolita, hanno tutti lavorato a Berlino portando però con sé ognuno le proprie spezie d’origine. Il Cairo e l’Egitto si sentono eccome, in fiati e percussioni inconfondibili, aperti e liberi quanto un suq. La bellezza di questa musica è il suo essere fortemente jazz, ma ridisegnato secondo le persone che impugnano gli strumenti, le loro storie e i loro distillati: il Moonshine estratto da questa sessione tedesca è ondivago e profumato. Scoppiettante sarabanda, nella prima tranche si assesta su mille rivoli contenuti nella parte centrale, facendosi di nuovo festosa sul finale. È una musica di massa, dove ognuno contribuisce portando agli altri una parte e creando una ricetta nuova, che parte dalle tradizioni ormai millenarie della musica popolare, secolari del jazz e storico-cittadine, dal Cairo a Berlino. “Trembler” gioca con le batterie di Tommaso Cappellato e di Özün Usta, sulle quali i fiati ancheggiano con sapori Settanta soul africani, come Richard Roundtree sotto il 30esimo parallelo. Piero Bittolo Bon, Rasmus Svale Kjærgård Lund, Els Vandeweyer, Daniel Gahrton, Isak Hedtjärn, soffiando e sbuffando, in cinque minuti sfornano un piccolo brano che ha già la forza di un classico. Con “Achilles Heel” gli strumenti buttano le ultime forze spingendo al massimo i polmonil, partorendo suoni dolenti in un diroccato jazz club, dove magicamente si trasformano in una compassata orchestra a smuovere, fra ottoni e cristalli, un ambientale ed elegantissimo rimbrottio.