MATTIA LORIS SIBONI, Quiet Area Suite [+ full album stream]
Qui le cose si fanno difficili. Lasciamo stare John Cage: in molti hanno affrontato il silenzio, da Francisco López a Bernhard Günter, passando per tutta una serie di nomi ancora meno noti, tra i quali anche Fabio Perletta, Gianluca Favaron o Corrado Altieri, per stare in casa nostra. Anche per Mika Vainio, grandissimo distruttore di timpani, il silenzio era un’arma: per contrasto, ovviamente, perché la luce è tutta un’altra cosa quando taglia in due il buio assoluto. E non dimenticherei tutti gli isolazionisti. Mattia Loris Siboni, che esce dal Conservatorio Martini di Bologna, ci ha scritto una tesi su (“Silenzio. Analisi tipologica e utilizzi nella musica elettroacustica”) e dunque sull’argomento ha idee molto più chiare delle mie, che sono arrivato là per vie parecchio traverse. Come sempre, qualcuno potrà obbiettare, una cosa è conoscere una materia, un’altra è poi possedere la creatività per trasformarla in un album che colpisca. Andiamo a vedere le carte…
Quiet Area Suite contra 4 tracce: nella prima, “Now Hush And Look Around”, Mattia si serve in modo giocoso (postmoderno?) di campionamenti di dialoghi cinematografici (c’è uno spezzone di “8 e ½” di Fellini, ad esempio) forse per scrivere una specie di manifesto del suo disco, inoltre usa il classico trucco pieni/vuoti (ecco, a proposito di tensione/rilascio mancava Zbigniew Karkowski all’appello di prima); la seconda, “Mind The Gap”, si direbbe un’esplorazione del glitch, mentre la terza, ”Balumina“, si misura coi field recordings (se dovessi rimanere in Italia, la accosterei al lavoro di Adriano Zanni o di Enrico Coniglio). Chiude tutto il quarto episodio, “Qui Nella Maestà Del Silenzio”, che – per restare dentro al cerchio dell’ambient – potrebbe essere il titolo di un disco di Raison D’Être, anche perché origina da un cimitero: sia come sia, niente Cold Meat Industry sounds qui, bensì – una seconda volta – un’efficacissima dialettica pieni/vuoti.
Mattia ha tante armi, deve decidere con quali diventare imbattibile. Le potenzialità ci sono senz’ombra di dubbio. Come per la prima uscita Slowth Records, non posso che sperare diventino “atto”.