Matteo (Marmo Music) e Max (Wo-Land)

wo-land1

I lettori più attenti si ricorderanno dei Tru West, dei Leftovers e dei Modus, tutte uscite piuttosto particolari, espressioni di una forma di “elettronica” mai scontata, nate in seno alla Marmo Music e alla genovese Wo-Land, etichette in certo modo “sorelle” che camminano in parallelo. Facciamo un passo indietro, però: tutto ha inizio qualche anno fa dalla personale conoscenza di uno dei membri dei Tru West. Avevo saputo, credo fosse il 2012, che si trasferiva a Berlino – lasciava Bologna – e dopo qualche tempo scoprii che era andato a finire in uno degli album più interessanti usciti a cavallo tra il 2013 e il 2014. Poi da cosa nasce cosa, e dopo avere avuto modo di ascoltare altri lavori di queste due etichette, divise tra la Germania e il nostro Paese appunto, m’è venuta la voglia di approfondire il discorso, anche perché devo dirla tutta: a parte una ben nota rivista cartacea e pochi altri coraggiosi, non è che si sia letto tanto di questi dischi dalle nostre parti. Siamo i soliti distratti, forse, ma tant’è… Questo è il resoconto di una chiacchierata telematica iniziata qualche mese fa.

La prima domanda la rivolgo a tutti e due, intanto vi ringrazio per la disponibilità. Innanzitutto: come e perché nascono le vostre etichette, e come si intrecciano tra loro i rispettivi percorsi.

Matteo: Wo-Land nasce da “motti” sperimentali della scena elettronica genovese per poi aprirsi a interpreti provenienti da diversi luoghi d’Italia. Marmo prende questa scena genovese e la immerge in un bagno di aromi psichedelici e differenti generi musicali. Essenzialmente Marmo nasce dall’incontro a Berlino tra me, Rufus e Martino, da vicendevoli contaminazioni, dal rapporto conflittuale che a volte viviamo nei confronti della scena dance, dalla conseguente voglia di rompere le strutture, di ragionare al di sopra dei generi, o meglio, non ragionare proprio, piuttosto cogliere l’attimo di una storia, la magia di un momento, e la bellezza che l’imperfetto o il grottesco possono generare. Un ruolo importante nello sviluppo della Marmo l’ha avuto anche Giordano Devincenzi, amico reggiano di lunga data con cui organizzo gli eventi RIFF, il quale non solo ne ha suggerito il nome, ma ha anche contribuito e tuttora contribuisce a livello motivazionale, logistico e molto altro.

Max: Wo-Land è un’etichetta indipendente nata a Genova nel novembre del 2011 da una veloce ma intensa esperienza di una piccola label locale, Flexible Audio, che ha sicuramente gettato le basi per quello che sarebbe in seguito diventato il progetto. L’intento è quello di produrre musica sperimentale per i più differenti contesti e scenari. Ad esempio, gli artisti pubblicati anella prima compilation, Wo-Land 001, hanno ognuno un forte ma diverso background, ma sono tutti uniti da una visione comune, mossa da una percezione ritualistica del suono ed un rispetto direi sacrale per le sue vibrazioni. Sono le vibrazioni che spingono l’uomo alla danza, e la danza è come una potentissima celebrazione collettiva in grado di portarci oltre, altrove…

Matteo, dimmi qual è il tuo retroterra musicale, se non ho capito male operi tra Italia e Germania. Come hai conosciuto i Tru West?

In realtà vivo a Berlino in pianta stabile da molti anni, alla nativa Reggio Emilia torno poco ultimamente, ma la mia passione per la musica e il modo di viverla non possono prescindere da certe esperienze, persone, luoghi e ricordi che mi legano alle origini. Il mio retroterra musicale ha forme e connotazioni geografiche abbastanza precise. Le colline reggiane, i calanchi, i castelli Matildici, San Giovanni di Querciola… Sono luoghi al quale collego all’istante l’ascolto illuminante dei primi Pink Floyd, l’immergermi nei Beatles, tante storie, non solo suoni, raccontate in modo affascinante dal mio mentore Enrico Fontanelli. Avendo genitori completamente privi di cultura musicale, il legame con certe persone è stato determinante per formare il mio background. Se da Enrico proviene l’amore per il rock psichedelico, la wave, l’electro e l’IDM, l’incontro con Rufus mi ha avvicinato in modo consistente alla scena house e techno.

I Tru West li ho incontrati quando ancora non si chiamavano così. Una volta organizzai una jam session negli studi di Martino a Tempelhof. Herva si trovava già lì, e Rufus, il clarinettista Raffaele Amenta ed io li abbiamo raggiunti. Così nascono i Tru West, una sera dell’ottobre 2012.

Max, parlami anche del vostro retroterra, e dimmi della scelta di operare in Italia.

Cominciai ad avvicinarmi alla musica intorno ai quindici anni, grazie a mio fratello maggiore, lui suonava la chitarra ed aveva molti tape e cd, specialmente rock e jazz… ricordo tra i miei preferiti in quel periodo Sonny Rollins, Carlos Santana, Pink Floyd, Led Zeppelin e Deep Purple. Con la tarda adolescenza mi sono poi orientato verso la musica elettronica, perché mi piaceva frequentare le discoteche. Amavo Moby, Fatboy Slim e ovviamente Chemical Brothers e Daft Punk. Io vivevo a Treviso in quegli anni, a fine Novanta, e lì la scena era decisamente deludente. Decisi quindi di stare un periodo a Londra, sicuro di trovare qualcosa di molto eccitante da cui farmi influenzare, frequentavo negozi di dischi e club, ed in breve mi feci un discreto bagaglio di materiale e stimoli nuovi che volevo riportare con me in Italia. Scelsi Genova quasi per caso, su consiglio di un amico che si era trasferito lì da poco. Devo dire che trovai una città molto viva, era il 2004, molti locali e molta gente in giro. Conobbi Martino quasi subito, lui suonava in un locale dove lavoravo anche io, il Club 74, un giorno andai a sentirlo e lasciai un mixtape… da lì non abbiamo mai smesso di frequentarci e dopo anni di amicizia è nata Wo-Land, che è una label tutta Italiana. A me e Martino piace stare qui, e specialmente nella nostra città, Genova. Da qualche anno abbiamo trovato il nostro “harem”, o meglio il nostro microcosmo in quello che è diventato Marmeria Studio. È il luogo dove produciamo musica, ma non solo. È una specie di seconda casa, un rifugio. Facciamo dei corsi, insegniamo ai ragazzi come si usano i synth, le drum machine i computer, trasmettiamo una passione insomma, e devo dire che la cosa sta avendo molto successo. Sempre più gente viene in contatto con noi e ci dà entusiasmo. Tutto questo a due passi dal cimitero monumentale di Staglieno, che ci dà un adorabile senso di decadenza e sacralità, e nei nostri dischi lo potete di certo sentire…

Marmo

Curiosità: avete più rapporti con la stampa estera o con quella di casa nostra? Trovate delle differenze, anche di approccio tra le due?

Matteo: Non saprei, non noto grosse differenze tra il giornalismo italiano e quello straniero.

Max: Devo dire che i primi ad accorgersi di noi furono gli inglesi, mi sembra il webmagazine Juno. Dopo aver sentito la prima uscita, la compilation, ci elogiarono come “nuova frontiera della musica elettronica italiana”. Non male direi! Poi dobbiamo menzionare di sicuro Blow Up e il direttore Stefano Isidoro Bianchi, il quale con diversi articoli positivi ha sicuramente dimostrato il suo apprezzamento sia per Wo-Land, sia per Marmo Music.

Mi raccontate di come scegliete i progetti da pubblicare e se avete avuto difficoltà, ad esempio per stampare i dischi? So che dalle nostre parti non è facile, alludo alle stampe in formato vinile in particolare.

Max: I progetti finora pubblicati, come detto prima, nascono da ritualità legata al suono e alle sue vibrazioni… Se ascoltando della musica sentiamo questo, allora ecco che può diventare parte di Wo-Land. Non esistono tracklist o decisioni prese a tavolino. Per quanto riguarda la stampa del disco, è da un po’ di tempo che lavoriamo con pressing tedeschi, specialmente a Berlino, ma credo che Matteo possa essere molto più esaustivo di me sull’argomento, sai, io mi limito a fare il compositore…

Matteo: Istinto e piacere istantaneo sono importanti nel processo di scelta per Marmo, ma non solo. Nei successivi ascolti una demo deve avere la capacità di sorprendermi con sfumature e dettagli non immediatamente afferrabili. Soprattutto, devo percepire una storia, una dinamica narrativa dietro a una produzione. Non ho trovato problemi nello stampare, ci sono fortunatamente agenzie che si occupano dei rapporti tra etichette e manifattura. Questo facilita molto il processo e la comunicazione.

Ora fatemi un po’ di nomi, anche di altre etichette, che secondo voi bisognerebbe tenere d’occhio.

Matteo: Oltrarno Recordings, Summe, Music From Memory, The Shaker Series, solo alcune di molte altre etichette interessanti a mio parere.

Max: Io citerei l’inglese Werk Discs di Actress per la scena club, e l’austriaca Editions Mego per ciò che è più sperimentale e sicuramente di qualità.

Tru West

Vi confesso che quando ho scoperto i Tru West e i Leftovers, per fare un paio di nomi, personalmente mi si sono aperti mondi che in genere frequentavo meno, ed è per questo che m’è venuta voglia di approfondire la vostra conoscenza. Da queste parti ci occupiamo relativamente poco di musiche legate all’elettronica, credo sia però giusto allargare il più possibile il campo d’azione. Mi dite secondo voi dove si sta direzionando la musica d’oggi, intendo quella che possiamo entrambi immaginare di seguire?

Matteo: Ti devo confessare che anche per me, nell’ascoltare Tru West e The Leftovers soprattutto, si sono aperti nuovi orizzonti, nuove sfere d’interesse. Per quanto riguarda la direzione in cui sta andando la musica, non è facile al giorno d’oggi immaginare scenari futuri, in tutti gli ambiti, compreso quello musicale. C’è in questo periodo, forse, più paura di immaginare il futuro? Proviamoci, comunque: musicalmente, oltre al continuo circolare storico dei generi e delle mode, che arrivano, passano e poi ritornano, vedo un futuro di iper-fusione del tutto, di negazione dei generi, fino a una sorta di “Big Bang”. Poi il dolce cullarsi nel silenzio, finalmente.

Max: Bella domanda! Beh, diciamo che non è semplice dare una altrettanto bella risposta. Il fatto è che da molto tempo la musica elettronica sta entrando sempre di più nella musica che tutti fruiscono attraverso la radio, Internet, la televisione, basta guardare una qualsiasi classifica di hits del momento per scoprire che tutti i brani contengono dell’elettronica, o comunque arrangiamenti e suoni ottenuti con sintetizzatori o software. Questo è potuto succedere ovviamente grazie al grande fermento che c’è nell’underground, e alla sempre maggiore diffusione di strumenti musicali per la produzione di musica elettronica. Nuove tendenze tra musica di questo tipo e musica suonata che consiglio di seguire sono ad esempio Bonobo o Caribou. È molto bello ascoltare l’ottima armonia fra musicista e macchina che trovi in loro…

E quindi come si coniugano scelte tecniche, mi pare di capire, sempre a cavallo tra analogico e digitale?

Matteo: Molto bene direi, il resto lo lascio approfondire a Max.

Max: La cosa che secondo me vince è il suono, il timbro, e un suono originale io penso che si possa ottenere solo con una intelligente interazione tra analogico e digitale, tra vecchio e nuovo diciamo. In Marmeria abbiamo molti synth ed expander analogici degli anni Ottanta/Novanta che hanno un suono incredibile, e sono insostituibili rispetto a qualsiasi software moderno, altresì stiamo attenti anche alle nuove tecnologie digitali, che tante volte ad esempio possono agevolarti molto nel lavoro, sia in fase di composizione che di missaggio di una traccia.

Mi dite cosa ne pensate di piattaforme tanto discusse come Spotify?

Matteo: Non penso molto a Spotify e non seguo il caso. Posso dire di averlo usato un paio di volte molti anni fa, ma poi l’interesse è scemato velocemente. Può essere un buon modo per conoscere musica, penso che debba essere a pagamento, anche se io personalmente preferisco consumare nuova musica partendo dal negozio di dischi, spesso senza sapere dove andare a parare. Trovo eccitante entrare in un negozio e lasciarsi sorprendere e scoprire da soli nuovi ascolti.

Progetti futuri? Partecipazioni a festival?

Matteo: Un nuovo Tru West con remix di Herva in arrivo, e un doppio showcase Marmo + Wo-Land a Berlino a fine Gennaio.

Max: Sì, a fine gennaio saremo a Berlino per uno showcase. Poi pensiamo alle prossime uscite. A marzo sarà pronto EARQUAKE, l’album di Mass Prod, e poi vorremmo fare un’altra compilation, come la prima uscita, e dare a spazio magari a nuovi artisti, e comunque punteremo sugli italiani!