MATT ELLIOTT, The Broken Man

The Broken Man

Chi si sente orfano di buone nuove da Richard Youngs (che per produrre produce, ma troppo) troverà in The Broken Man un Matt Elliott che, dopo aver completato la trilogia “Songs” (e aver rispolverato il “manto” Third Eye Foundation), rimane ancora in quei mondi, privandosi di sovrastrutture particolari: nudo, si dà in pasto ai leoni, armato di una sei corde e di una voce grave e colma d’amore da star male. È sempre folk, ma in realtà è davvero un pezzo d’universo a parte, esistente in quanto esistono Matt e la sua voglia di continuare a esplorare le lande degli eroi del fingerpicking e dei crooner morti di vita, senza mediazioni particolari e con piccoli tocchi aggiuntivi. Sette pezzi, sui quali troneggia (e vincerebbe già per il titolo) “If Anyone Tells Me ‘It’s Better To Have Loved And Lost Than To Never Haved Love At All’”, precisa indicazione su quanto la decadenza permei ogni cosa, ma con un messaggio di salvezza… Tra arrangiamenti scheletrici – di quella semplicità che riempie i cuori – talvolta Matt accenna ad altri “generi”: al tango, a qualcosa che ricorda l’Est Europa, al flamenco, mentre sono radi gli interventi altrui (soffiano a tratti leggeri refoli elettrici intarsiati dal pianoforte di Kate Labéque o da fiati e archi arrangiati da Chris Cole). È comunque il caso di scomodare Leonard Cohen, così come di citare quel mega-genere che è “la canzone senza tempo”, che pare così dispersivo e abusato, ma che stavolta calza appieno per indicare in due parole di cosa ribolla il sangue di Matt in The Broken Man. Che brividi.


Tracklist

01. Oh How We Fell
02. Please Please Please
03. Dust Flesh And Bones
04. How To Kill A Rose
05. If Anyone Tells Me “It’s Better To Have Loved And Lost Than To Never Haved Love At All”
06. This Is For
07. The Pain That’s Yet To Come