MASSIMO MARTELLOTTA, One Man Sessions Vol​.​ 2 e 3 (Unprepared Piano e One Man Orchestra)

MASSIMO MARTELLOTTA, One Man Sessions

Sorprende l’incipit del secondo dei cinque volumi dell’autoritratto (abbiamo parlato del primo qui) di Massimo Martellotta, tutto dedicato stavolta alle possibilità espressive e timbriche dello strumento per eccellenza, il pianoforte: un raccolto 3/4 alla maniera di Chopin, una miniatura perfetta per un film in bianco e nero o per degli home movies virati seppia, per storie di creature fragili, partenze, navi, oceani, piogge di fine ottobre, cieli a stento: questo è “Come Un Notturno”. Nel secondo pezzo (“Quarto Pedale”) entrano anche la batteria, un synth e il pianoforte preparato (tutto è suonato da Martellotta, con notevole capacità di dosare e variare dinamiche, timbri, ritmi e armonie) e il clima si fa più contemporaneo, quasi una specie di library music 2.0, con qualche ammiccamento agli Air che non guasta: la traccia è buona, perfettamente calibrata, ma non indimenticabile. Avvolgenti le spirali melodiche di “Nécessaire Per Fanciulli”, perfetta per un film di Wong Kar Wai e riuscita nel suo tentare un incontro tra una Norah Jones (le stesse brume che consolano invece di amareggiare, lo stesso tepore pop rassicurante) che decide di tacere e la Penguin Cafe Orchestra. Virata brusca verso i cieli di un minimalismo à la Steve Reich innervato di groove funk per “Verticale, Orizzontale”: pianoforti che salgono, salgono, salgono per un pezzo che unisce estasi post, attitudine jazz ed un arcaico vagare nel mistero della pulsazione, centro pienissimo. Se “Sostenuto” alle mie orecchie suona più ovviabile nel suo incedere ancora una volta cinematografico ma meno profondo, “Risonanza” invece come da titolo lascia echi ed è magnetica, psichica, semplice ed efficace, come un paesaggio dipinto da un Hans Zimmer o da un corriere cosmico intento a sonorizzare un blockbuster. Chiude questo bell’excursus “Caviglie”, docile e arresa, gonfia di nostalgie imprendibili, non così lontana da un certo discorrere melodico di Riccardo Sinigallia, uno che in un mondo normale sarebbe in radio in heavy rotation da sempre.

Da vertigini il cambio di mood che si avverte ascoltando il terzo volume, One Man Orchestra, durante il quale Martellotta si cimenta nella scrittura per larghissimo ensemble, suonando e sovraincidendo nuovamente ogni strumento (a volte è il computer a simulare alcuni dei timbri usati) traccia su traccia in tempo reale, dimostrando una bravura e una versatilità che lasciano francamente a bocca aperta. Il sipario si apre con il brio classico e americano di “Il Cappotto”, perfetto per i titoli di testa di un film che ci terrà incollati alla poltrona. Orchestrazioni ariose, passaggi fluidi e del tutto naturali (il finale ha del prodigioso nella sua gloria sinfonica), una bomba. Tra epifanie morriconiane, agguati, svelamenti, ombre di Bernard Herrmann, cristalline verità melodiche, giochi di specchi nello sconfinato mondo della classica, tributi ai maestri della musica da cinema che però non suonano mai posticci o calligrafici, il disco ammalia e rapisce da subito. Il clima di attesa di “Presa Di Coscienza”, a un passo dalle atmosfere indimenticabili della colonna sonora di “Vertigo” di Hitchcock. C”ome Una Favola”, con il suo incedere neorealista, sarebbe (sarà? Scommettiamo che alcune di queste musiche al cinema ci finiscono?) perfetta per il prossimo “Pinocchio” di Garrone, “Oppio” invece è una ipotetica outtake da Crime & Dissonance, la compilation della Ipecac di Mike Patton dedicata al lato oscuro dell’Ennio nazionale: brividi che l’uso di un’orchestra vera avrebbe aumentato, ma sono sottigliezze, “Oppio” sa aprire comunque mondi. Titoli di testa per un film di Elio Petri quelli di “Baruffa”, mentre “Serenata Per Adulteri” è volutamente ruffiana e svenevole, pensata proprio per innamoramenti inesorabili di cui ci si pentirà solo quando sarà troppo tardi. “Attesa Notturna” tiene fede al titolo ed è ancora sulle orme di Morricone o di un assassino dal profilo misterioso come quello di un amante nell’ombra: d’altro canto “O L’Uno O L’Altro” si intitola l’ottava traccia, nuovamente incline a un romanticismo che ha il pregio di non essere troppo enfatico, semmai sobrio ed inquieto e innervato sempre da maestria negli arrangiamenti e nell’esposizione di temi, aperture, fughe e finali. Se l’apertura lounge-exotica di “Senza Zucchero” suona prescindibile, ce ne facciamo dopo poco una ragione, perché il groove immediato e a presa rapida risolleva le sorti di un pezzo che ci fa tornare in mente la faccia di Peter Sellers. Il sipario su questo soggiorno nella mente di un compositore e di un musicista dagli orizzonti davvero spalancati si chiude con il viaggio notturno in macchina (nuovamente Herrmann, nuovamente Hitchcock, nuovamente brividi) su una strada a picco sul mare di “Reale Immaginario”, degno sigillo di un disco a tratti strabiliante e che merita tutta la nostra e la vostra attenzione.