MARTIN KÜCHEN & SAMO KUTIN, Stutter And Strike
Di Sploh (Sound, Performing, Listening, Observing, Hearing), realtà slovena consacrata allo stabilire e documentare pratiche musicali che si immergono nelle acque dell’improvvisazione e della composizione contemporanea, e che ha tra le sue manifestazioni un festival dal nome promettente, Sound Disobedience, abbiamo già parlato qui, occupandoci del bel disco di Zlatko Kaučič e Tomaž Grom. Se, come da titolo di quel lavoro, l’orecchio è l’ombra dell’occhio, anche in questi cinquantaquattro minuti ci avventuriamo in profondità speleologiche, acustiche e psicologiche, alla ricerca della vena di buio dove il mistero ha inizio. Per ritrovarci ancora una volta magnificamente perduti. Un suono scabro, magnetico, essenziale, lirico e nella sua asciutta nudità: come creature primitive che sondano le prime, infinite possibilità degli oggetti naturali, lo svedese Martin Küchen (Angles 9) e lo sloveno Samo Kutin, di cui abbiamo già detto a più riprese per Širom (un trio capace di far passare i brividi anche attraverso lo schermo, cosa sulla quale ero assai scettico, con un concerto in streaming durante il lockdown) e recentemente in occasione del disco in coppia con Ana Kravanja, suonano come rabdomanti in cerca di una sorgente. Il clima è secco, primordiale, il paesaggio non è ospitale, ci sono solo ombre, rarissime, fugaci presenze, ed un cielo indifferente che reitera la sua minaccia: un giorno, uomo, sparirai, e di te nulla mi importa, non mi servi per esistere. Le nuvole non ci pensano, non possono farlo, e noi sentiamo il peso della gravità, alziamo gli occhi al cielo e ci chiediamo il senso della nostra presenza, che non abbiamo scelto, non abbiamo compreso. Queste nove cerimonie pagane a me arrivano come manifesti filosofici pre-alfabetici, come dichiarazioni di profonda umanità e di resa, odi alla terra e alla polvere a cui torneremo, cenere alla cenere. Sax sopranino, alto, percussioni, hurdy gurdy modificato, oggetti, acoustic spring reverbs (dovremo chiedere di che si tratta esattamente). Il progetto, non facile, ma che saprà ripagare chi avrà la pazienza di non desistere dopo il primo impatto, è stato finanziato dal Ministero della Cultura della Slovenia, mentre noi qui dobbiamo sentir parlare di Netflix della cultura. A posto così.