Marthe, I am the Hammer
Marzia è una polistrumentista bolognese (ma di origini liguri) attiva in gruppi come Horror Vacui, Tuono, Kontatto, The Mountain Moon e in passato Ancient Cult, Campus Sterminii e Doxie. Sisters Of Darkness è il suo esordio solista come Marthe. Concepito in cameretta (rinominata per l’occasione Studio Hammer), pubblicato autonomamente nel 2019 e poi ristampato in cassetta l’anno successivo dalla statunitense Caligari Records. La recente ristampa in lp da parte di Agipunk è l’occasione per scambiare due chiacchiere con lei.
So che il tuo primo strumento è stato il pianoforte. Che rapporto hai con “lui”? Quando hai iniziato a suonarlo?
Marthe: I miei mi hanno mandato a lezione dagli otto ai tredici anni e il mio più grande rimpianto è stato quello di aver mollato. È l’unico strumento che io abbia mai saputo suonare e col senno di poi mi ha dotato di un corredo che si è rivelato prezioso in termini di orecchio, ritmo, senso del tempo, gusto, ma anche pazienza, calma, concentrazione. Ci sono due episodi in particolare legati al pianoforte e che coinvolgono la mia crescita musicale. Nella stessa scuola insegnavano anche chitarra classica quindi i miei mi hanno iscritto anche a quella, ma dopo solo tre lezioni ho visto i Nirvana su Videomusic e ho chiesto alla tipa come mai lei mi facesse fare quegli esercizi a dita tipo tentacolo di polipo su tutto il manico mentre quello là con due dita faceva dei pezzi fighissimi. L’equivalenza “musica carichissima e carisma da vendere : poca tecnica = studiare musica : provincialotta sfigata in cameretta” ha determinato il mio ritiro seduta stante dalla scuola di musica. Da qui ho virato verso il punk, le sperimentazioni, la batteria. Prima di approdare al piano però ho fatto la gavetta con le tastiere. Nel 1990, a nove anni, mi esibivo al primo saggio della scuola di musica eseguendo “Sul bel Danubio blu” (del compositore austriaco Johann Strauss, ndr): l’unica difficoltà del pezzo stava nello switchare da un beat all’altro a metà pezzo. Invece di premere il pulsante giusto ho spento tutto e ricordo ancora il panico, lo sguardo sudato che cerca il maestro, il pubblico silenzioso, il maestro che arriva, riavvia il beat (un penoso zum pa pa zum pa pa) e io che riparto per portare a termine quel supplizio sonoro. Te la racconto perché ho solo recentemente collegato a questo traumatico episodio la mia avversità verso tutto ciò che non sia analogico (aver registrato una cosa tutta da sola resta tutt’ora un mistero) quindi quando con gli Horror Vacui ad esempio non va un cazzo o si stacca un cavo o i pedali non vanno più io ancora oggi cerco con terrore ripieno di speranza (e un mega gocciolone manga style accanto alla testa) lo sguardo di Andrea (chitarrista degli Horror Vacui, ndr) o Koppa (cantante degli Horror Vacui, ndr) per farmi venire a salvare!
In Sisters Of Darkness fai tutto da sola tranne per alcuni cammei offerti da membri di Saturnine, Barbarian e Bunker 66. È una scelta dovuta a qualche ragione particolare? Come mai questa “solitudine”?
Direi che l’idea è nata dalla voglia di fare un genere che nessuno vuole mai suonare con me (ride, ndr)! È tutta la vita che desidero un gruppo metal ma i metallari/e/u attorno a me scarseggiano sempre. Quindi ho provato a fare da sé e per tre. I pezzi che sono finiti sulla demo sono il frutto di innumerevoli idee raccolte dal 2012 al 2018 sui vari cellulari della mia vita sotto forma di motivetti canticchiati, generalmente durante le traversate appenniniche per andare dai miei in Liguria. È una tratta che mi ispira molto perché si passa tra le montagne dell’appennino tra Emilia Romagna e Liguria, ed è uno scenario molto austero ed imperioso anche se tagliato dall’autostrada. A ogni viaggio aggiungevo una parte, per questo non ho mai fatto BlaBlaCar o car sharing, nessuno potrà mai rovinare il mio unico momento di relax vero, la guida in solitaria! Che lusso! Erano motivetti, bozze “salvate” per dopo, per qualche gruppo ipotetico. L’idea di mettere tutto insieme e fare da sola è venuta dopo, perché fondamentalmente non avrei avuto né il tempo né le energie per un “reale” gruppo nuovo anche di genere diverso rispetto a quello che faccio solitamente, ergo impegno più intensivo, mentre da sola mi era possibile snellire il processo senza andare a fare le prove o interagire in termini di tempo di relazione con altre persone. Distanziata socialmente prima che fosse dpcm, ho provato a fare una roba nuova per me, direi metal ma sinceramente non so catalogare il risultato finale, molte persone lo hanno fatto per me dando interpretazioni interessanti. Spontaneamente mi è venuta voglia di coinvolgere Katrien (Saturnine/Last Legion Alive/Nocturnal Scum) in un cameo gutturale splendido (lo ha registrato su WhatsApp come nota vocale dal bagno di casa dei suoi genitori e l’ho riversato nel pc). Stessa cosa con Peppe, Mirko, Fabio e Borys (Bunker 66 e Barbarian), beccati al loro concerto al Freakout nel 2018. Ho fatto cantare loro dei cori sul mio cellulare, nell’incantevole cornice dello scavo fogna presso l’uscita laterale del Freakout.
Questo progetto da sola mi diverte tantissimo e se mi uscirà qualcosa di decente, farò un altro disco. È tipo una terapia.
In “Married To A Grave”, alla fine dell’intro, si sentono per pochi istanti il suono del mare e dei gabbiani. È l’unico istante di quiete in mezzo alla “tempesta”.
Sono molto legata alla mia landa di origine, appena posso vado al mare anche se non è sicuramente il mio elemento o un elemento in cui mi sento a mio agio. Ho molta paura dell’acqua e di tutto ciò che non vedo, che è vasto, aperto, incontrollabile; ho sempre bisogno di paratie, possibilmente stagne. Ho paura di tutto ciò che non posso contenere dentro di me in qualche forma, dalle profondità incontrollabili degli abissi ai sentimenti d’amore più travolgenti, la vastità in ogni sua forma mi spaventa molto. Tutti i testi li ho composti sulla striscia di scogli del Bagno Margot a Marinella di Sarzana, Liguria. Non nella solitudine di un mistico tramonto a Portovenere, il mio posto preferito in assoluto nel mondo, ma in pieno agosto. A Marinella. Con le orde di bambini e famiglie che urlano, proferiscono opinioni medie e banali sincerandosi che gli altri le sentano, unti e ignoranti come la merda. Un vero inferno di ispirazione. Se poi la permanenza al mare diventa un’esperienza troppo estrema, lì dietro a due passi ci sono i monti per il pronto intervento terapeutico, tra le cave di marmo, il cimitero degli anarchici, le statue stele, i monumenti alle vittime delle stragi del nazifascismo, i monti forati, le incisioni dei pennati.
Quanta importanza dai ai testi?
Solitamente scrivo testi politici, qui ho scritto di tematiche quasi antropologiche (dalla Accabadora sarda ai liguri apuani e le loro armi acuminate) ed esistenziali (ineluttabilità della morte e ruote che girano). Di tutti e quattro i testi, la mia frase preferita è Love is the wound of life, perché l’amore in fin dei conti è ciò che ci fa soffrire di più, quando le persone che amiamo o a cui siamo legati ci lasciano, muoiono, ci feriscono.
La Caligari Records ha ristampato il demo in cassetta nel 2020. Come siete entrati in contatto?
Dunque, una mia cara amica nonché la mia supporter numero uno, mi dice sempre che non devo sottovalutarmi e credere di più in me stessa. Due cose che da sempre mi vengono molto difficili. In solo due occasioni ho deciso di farmi coraggio e mandare la demo a due etichette: la prima non mi ha nemmeno cagato, la seconda è stata – su suggerimento di Borys – la Caligari Records, che mi ha risposto subito con grande entusiasmo e quando ha fatto le due stampe della demo sono stata mega fiera, contenta, orgogliosa e soprattutto grata.
Sisters Of Darkness uscirà in vinile per l’etichetta Agipunk. Come mai la scelta di rimanere in un contesto “familiare”?
Sorprendentemente ho ricevuto alcune proposte da alcune label interessanti.
Il problema è che dopo più di due decenni in contesti e ambienti DIY, punk e politicizzati, non posso fare a meno di dare “un’occhiata” a molti aspetti e soprattutto in ambito metal c’è un alto rischio di pestare una merda ad ogni passo, imbattendosi in qualche gruppo in catalogo che magari ha posizioni ambigue o affiliazioni promiscue sotto la bandiera della musica che ci unisce tutti. Sto cazzo. Ho già vissuto questo rischio con gli Horror Vacui perché anche in ambiente dark c’è pieno di coglioni di destra che però alle serate “volemose bene”. Per me non funziona così e questo ci ha portato a precludere tutto un certo giro, a non suonare in certi ambienti, a non uscire per certe etichette, e devo dire senza dispiacere. Non fa per me non prendere una posizione quindi anche in questo caso, nonostante la qualità delle label e dei titolari delle stesse fosse assolutamente adeguata, ho preferito rimanere in un ambiente che conosco bene e dove so che non incorro in passi falsi dettati da una mia scarsa conoscenza del territorio, degli altri gruppi, del “giro”. La cosa curiosa è che a Koppa/Agipunk non ama particolarmente il metal ma si è spontaneamente offerto perché secondo lui questo disco ha delle potenzialità. Incredibile.
Ero dubbiosa all’inizio perché non volevo che fosse il mio ragazzo a farmi uscire il disco. Mi sembrava una marchetta. Ma poi mi sono detta la parola d’ordine: ‘sti cazzi. Lui si è offerto e io ho accettato, Agipunk è un’etichetta che seguo da un secolo e fin da prima che lui entrasse a farne parte. Per me è sempre un onore quando i dischi dei miei gruppi hanno il bollino di Agipunk, e sono grata a questa etichetta che in modo integerrimo e lo-fi supporta, produce e diffonde da 25 anni e più una tale quantità di musica hc, punk, crust, e che mi ha fatto vedere i concerti dei miei gruppi punk preferiti portandoli in tour qui quando l’Italia (in un certo ambiente) la schivavano tutti. Per non parlare delle posizioni politiche granitiche e della quantità di benefit per varie cause che Agipunk ha fatto negli anni in modo silenzioso. Cosa vuoi di più da una label? Grazie, Dio cane.
Il mastering dell’lp è curato da Enormous Door Mastering, al lavoro – tra gli altri – con i Darkthrone, una band che sicuramente ha influenzato il tuo suono.
Oddio, è stato anche qui casuale nel senso che ho scritto (seguendo il consiglio della mia supporter numero uno) ad un’altra persona prima (in Svezia) ma non sono stata cagata, quindi ho pensato a qualcuno che fosse conosciuto a livello internazionale per allargare anche un po’ il mio tutto sommato ristretto giro. Ho pensato a Jack perché l’ho conosciuto molti anni fa in tour in America con i Giuda (da non confondere con l’omonima band rock’n’roll romana, ndr) e abbiamo avuto molte interconnessioni durante le scorse decadi sebbene non siamo amici particolarmente stretti diciamo.
Per quanto riguarda i Darkthrone, conoscendo la passione di Fenriz per i suoni di batteria soprattutto, credo sia un sacrilegio parlare di influenze su una registrazione che ahimè ha una batteria elettronica. Però hai ragione se parli in termini di suono grezzo, ed è quello che ho esplicitamente chiesto a Jack per il mastering, volevo una pompata lasciando intatto il suono da demo registrato in cantina.
Dopo questo demo/ep cosa pensi di fare? Hai già altro materiale musicale in cantiere? Che progetti hai per il 2021?
Te lo dico in super anteprima perché non ne ho ancora parlato con nessuno ma il prossimo disco si chiamerà “Further in Evil” e lo inizierò ad assemblare al più presto. Non riesco a farlo adesso perché sono talmente un cane che lavoro in DaD per scuola e l’unica volta che ho attaccato la scheda audio al pc (dopo il trasloco) è partito tutto l’audio e non riuscivo a fare lezione, quindi rimanderò a quando avrò delle nuove casse. Che sfigata (ride, ndr)! Questo è il livello. Ma mi sto anche costruendo in cantina il vero Studio Hammer, forse lo comporrò lì. Ho qualche bozza sempre sul cellulare e qualche frase qua e là. Sembra strano ma tutto questo periodo di lockdown mi ha reso creativamente sterile, a fronte di molto più tempo per poter scrivere e registrare. Però almeno c’è l’idea e la consapevolezza di provare a fare un secondo disco sperando che non sia un disco pacco.
Marthe è un progetto da studio o prevedi di fare dei concerti occasionali?
Strettamente studio, ho pensato di fare una cosa vera a un certo punto ma sono troppo timida per pensare di cantare davanti a qualcuno, inoltre non avendo particolari doti vocali perdo subito la voce (potrei migliorare eh) quindi i pezzi che senti registrati sono stati cantati a distanza di un giorno l’uno dall’altro.
Inoltre ci vorrebbero gli elementi giusti e molti di quelli che mi piacciono vivono fuori dall’Italia. Gli altri suonano già con me in tutti gli altri gruppi, ebbasta (sorride, ndr)!
Sei (stata) coinvolta in molti gruppi: Horror Vacui, Tuono, Kontatto, The Mountain Moon, Campus Sterminii, Doxie, Ancient Cult (grazie Metal Archives). Dove nasce questa voglia di mettersi in gioco e seguire varie forme espressive?
Ci tengo molto a precisare che ogni volta che faccio un gruppo, lo faccio non perché è “una fase” ma tendo a portarlo avanti sempre in parallelo con tutti gli altri, a meno che non intervengano cause di forza maggiore (incompatibilità varie, micidiali routine lavorative, difficoltà a incastrare le esigenze di tutti…) che ne portano allo scioglimento. Questo per dirti che i gruppi che, tra il tuo elenco, non suonano più non sono sciolti perché a un certo punto mi è tirato il culo e sono passata a un altro progetto più stimolante. Ci sono sempre stati validi motivi operativi.
È nel mio segno zodiacale e nel sangue la mia difficoltà di chiudere i cerchi e terminare le esperienze, quindi solitamente faccio tutto quello che è in mio potere per far vivere nel tempo i miei progetti. Spesso le ragioni risiedono in fattori esterni difficili da controllare e gestire. Spesso sono state scelte imposte e crescendo mi rendo sempre più conto che le persone a volte si perdono e che non c’è niente che si possa fare per tenerle vicine.
Ho suonato in molti gruppi perché mi piacciono molti generi diversi e perché adoro suonare con i miei amici e le mie amiche. Nel corso del tempo gli amici sono diminuiti quindi mi sto accorgendo che praticamente suono sempre con le stesse persone girate in altri ruoli. Spesso anche gli amici prendono direzioni diverse ed è giusto lasciare andare, anche se non se ne comprendono le motivazioni. Ho scritto il testo di “Forward” degli Horror Vacui su questa cosa che mi ha tormentato per un po’, ora ci ho fatto i conti e va bene così.
Qualche anno fa intervistai Myriam Saglimbeni dei Crystal Phoenix, una delle prime “one woman band” del metal italiano. Durante la nostra conversazione mi parlò delle difficoltà che ebbe a fine degli anni ’80 nel suonare in una band, era difficile partecipare alle audizioni poiché i componenti tergiversavano quando vedevano una ragazza. Ti è mai capitata una situazione simile?
Sono stata fortunatissima, nel mio piccolo mondo punk libero e selvaggio non ho mai avuto esperienze di discriminazioni in base al genere anzi, ho sempre suonato in gruppi misti con una nonchalance esistenziale totale, da parte di tutti. Forse in una delle mie prime esperienze di concerto (a 14 anni con il gruppo grunge) da adolescente al paese mi è capitato che arrivando al localino del concerto il proprietario mi chiedesse dove fosse il mio microfono o chi fosse il mio ragazzo, ma non lamento più di questo tipo di situazioni da almeno 20 anni. Questo non toglie che per molte altre, soprattutto in altri ambienti musicali e creativi, atteggiamenti di questo tipo siano all’ordine del giorno. Sicuramente negli anni ‘80 tutto il percorso di rivendicazione di spazi e necessità, così come di potenzialità e espressione di sé era nel vivo delle lotte e delle conquiste. Nel giro punk riferito ai luoghi, tempi e spazi in cui l’ho attraversato io non ho mai vissuto dinamiche di questo tipo.
Concludo con una domanda su Bologna: Atlantide, XM24, Vecchio Son, i luoghi di aggregazione che si pongono al di fuori dei canali istituzionali sembrano sempre più nel mirino di una sistematica opera di demolizione e delegittimazione. Tu che le hai vissute in prima persona come giudichi la situazione attuale e, soprattutto, credi si potrà uscire da questa situazione e invertire la tendenza?
Sono terribilmente pessimista e i posti sono stati sgomberati quasi tutti. Difficile vedere un colore diverso dal nero del Nulla che è arrivato. E agli slogan non credo più da un bel po’.
Al momento sono in un vortice di disillusione totale circa le opportunità future e tangibili, fattibili nell’operatività quotidiana. Mi interrogo su quale sia la portata della forza di rivendicazioni in termini socio politici, ma anche della lotta e del senso di appartenenza. A chi o a che cosa appartengo? Non sto facendo nulla per contribuire a un qualunque riscatto, sono in silenzio e in attesa di capire io chi sarò diventata a “fine” pandemia, chi saranno i miei simili considerando la difficoltà che ultimamente ho a rapportarmi con chi credevo affine a me.
Credo sia impossibile invertire la tendenza, sto vivendo un grande cambiamento interiore in termini di consapevolezza e accettazione, forse dobbiamo continuare a bruciare sotto la cenere, reinventarci e poi riprendere a bruciare quando arriverà nuovo ossigeno.