MARTA ZAPPAROLI, Interdimensional Generated Space
L’abuso del termine “sperimentale” riferito a tanta produzione contemporanea non corrisponde all’assenza di reali ricercatori di suono pronti ad investire tempo e creatività per mettere a punto una poetica spesso ermetica, ma certamente peculiare. Penso ad esempio al lavoro di Marta Zapparoli, basato sulla volontà di intrecciare l’energia del cosmo con le frequenze prodotte dall’uomo e frutto di un sapiente connubio di field recordings e registrazioni in studio. L’intento che muove le esplorazioni temerarie della sound artist di stanza a Berlino è stabilire una connessione tra natura e tecnologia, indagando le potenzialità delle radiazioni elettromagnetiche messe a confronto con modulazioni prodotte da apparecchiature auto costruite – antenne, ricevitori radio, rilevatori, sensori – e plasmate in tempo reale, facendo ricorso a molteplici tecniche produttive.
L’input per Interdimensional Generated Space arriva dalle terre del Nord, dalle suggestioni inerenti lo studio, condotto in Norvegia, delle radiofrequenze generate dall’aurora boreale. Incrociando il materiale ricavato con flussi che simulano una ricostruzione audio del fenomeno, la Zapparoli costruisce un itinerario altamente immersivo scandito da tre movimenti dall’andamento ascensionale, che partono da distese di segnali acuti, penetranti e tendono a culminare in derive noise che lambiscono l’assolutezza del rumore bianco. La costante è la tensione vitale che accompagna l’evoluzione fortemente dinamica del suono, la vibrazione emozionale sempre ricercata da un’autrice capace di rendere stimolante un ambiente d’ascolto fatto di materia di per sé complessa e decisamente poco accattivante. Un viaggio accidentato, ma pieno di fascino per navigatori esperti e/o temerari.