MARTA DE PASCALIS, Anzar
E fu così che Marta De Pascalis finì su Tapeworm (con tanto di mastering curato dallo studio berlinese Calyx) due anni dopo Quitratue, sua promettente autoproduzione. Ora, non voglio dire te l’avevo detto io, ma… te l’avevo detto io.
Anzar è più retrò di Quitratue, a partire dalla copertina della cassetta, un dipinto “surrealista” del padre di Marta, realizzato con inchiostro nero. I due brani, uno per lato, si basano su improvvisazioni sognanti con synth e loop analogici e forse è proprio questa dimensione onirica a essere il legame tra i due dischi che finora lei ha pubblicato, dato che per il resto sembrano piuttosto diversi. Si percepiscono la stessa ingenuità e lo stesso candore della prima elettronica, per questo non stupisce che in sede d’intervista De Pascalis parli di Riley e Reich, ma anche di Battiato, Umiliani e Macchi. L’alterità delle atmosfere di Anzar, a pensarci bene, fa pensare proprio a Macchi, ed è la carta vincente del nastro, di certo più che la scelta di essere “old school” in sé e per sé, ormai inflazionata. Quitratue, etimologicamente, aveva a che fare col Cile, Anzar con l’Africa, dunque abbiamo molti elementi, sonori e non, che ci fanno pensare che l’intenzione di Marta De Pascalis sia quella classicissima di farci fare un viaggio.
Va tutto bene, ma adesso voglio un album e ancora più personalità.
Tracklist
A. Anzar
B. Emerso