MARIA CHIARA ARGIRÒ, Closer

“Non ho sperimentato molto su quest’album perché sapevo cosa farci”. Closer è il quarto disco di Maria Chiara Argirò, una musicista romana di stanza a Londra ormai da più di dieci anni. Segnalata un po’ di tempo fa su queste pagine da Neu Radio, torna con un disco che sembra essere un perfetto ricamo fra melodia, beats, malinconia e profondità. Di base pianista e inserita nella scena jazz ed elettronica della città, costruisce brani che riescono ad essere orecchiabili senza mai essere ruffiani, dipinti con mano leggera anche quando i suoni sono maggiormente calcati, come nel broken beat di “Grow”. Mentre il piatto gira sembra di aver a che fare con una musicista ma anche con una dj, per la sua capacità di muovere la sua proposta a seconda dell’onda umorale e di ascolto. In “September” la sua voce viene doppiata costruendo una perfetta armonia fra acuto e basso, ritmato e soffuso, lasciandoci in una sorta di guado, capendo da che parte tirerà un brano che è stilisticamente perfetto nella sua semplicità e nella commistione fra mondi acustici ed elettronici. C’è un fondo di groove che è in qualche modo hip-hop. Dei frangenti dove si sente nell’aria l’entrata di un rapper di stazza mentre il tutto rimane aereo, leggero e limpido, ma non per questo meno intenso, trasportando quell’energia in un mondo che diventa sempre più difficile da incasellare ed attesta Maria Chiara come creatrice di atmosfere e di arie mai scontate. Il suono digitale è spesso tagliente e richiama modelli distanti dal pop imperante e dalla commistione di sperimentalismi per le masse dance come possono essere quelli iscritti da una Björk ed una Sevdalidza, ma finiscono in una dimensione fumosa al crocevia fra club jazz ed electro in maniera seducente ed ispirante. Closer sembra un percorso fra vicoli ciechi e scatole cinesi, alla ricerca di un bandolo complicato da sciogliere ma estremamente intrigante, con la consapevolezza che seguire la Argirò fra questi luoghi sia esperienza avventurosa, ma con la sua guida nulla potrà lederci. Nella peggiore delle ipotesi accenneremo qualche canto, muovendoci prima in maniera discreta per poi togliere il freno in una conclusiva Floating che sembra fatta apposta per abbattere le nostre ultime remore con un suono elegante ed infinito.