MALASOMMA, Neolingua
La seconda uscita a proprio nome, dopo un percorso iniziale firmato Ergo, riporta Marco Malasomma esattamente dove lo avevamo lasciato nel 2018. La fonte da cui prende le mosse il suono è l’abusato “1984” di Orwell, la grafica che lo accompagna è di un rosso e nero feroce (ottimo l’artwork di Jime Ghirlandi), la casa che lo ospita la meritevole Stochastic Resonance.
Se Jura verteva sull’importanza della circolazione e del controllo delle informazioni, il suo successore – come dichiarato senza mediazioni dal titolo – riflette sulla semplificazione del linguaggio quale metodo per disgregare la complessità culturale di un mondo in declino. Rimangono scure le trame elettroacustiche tessute per dare forma all’intenzione, meno inclini a un portato ritmico incombente tra progressioni marziali e derive tribali – Malasomma è batterista di formazione – e decisamente virate verso soluzioni atmosferiche in cui risonanze meccaniche, arrangiamenti acustici e frequenze ambientali giocano un ruolo fondamentale.
Lo dimostra innanzitutto la sirena con cui si apre il “Permacrisis”, segnale che racchiude l’incedere di modulazioni distopiche rese vorticose da un panning esasperato. Tocca poi alla voce affilata, quasi stridente della viola di Ambra Chiara Michelangeli – supportata dal contrabbasso di Caterina Palazzi – settare l’atmosfera di un viaggio visionario, che alterna diluizioni dark-ambient ansiogene e pulsazioni telluriche, e ingloba forme linguistiche destrutturate per dare vita a un ambiente sonoro abilmente stratificato, complesso come la realtà descritta, fondendo le intuizioni del capolavoro orwelliano a istanze di una contemporaneità spiritualmente sempre più povera.