MANII, Kollaps
Dall’etichetta Avantgarde Music è arrivato, a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, Kollaps, il disco di debutto di una reincarnazione, quella dei norvegesi Manes in Manii.
Il duo Manii, ossia Cernunnus agli strumenti e Sargatanas alla voce, è lo stesso che ha fondato i Manes, band sicuramente molto originale nel panorama trve norwegian black metal, che negli anni Novanta partì da un depressive black glaciale, già ricco di spunti ed arrangiamenti interessanti, per sfociare in uno stile ibrido e sperimentale ammiccante a jazz, trip hop e altre elettroniche, fino allo scioglimento del 2011.
Arriviamo a oggi, quando nasce Manii, che sembra voler tornare prepotentemente al passato di Manes, alle atmosfere malevole e tristi, ma già contaminate, dell’album “pilastro” del 1999, Under Ein Blodraud Maane. Ora, però, questo ritorno alle origini è proposto a un ritmo più basso e molto “faticoso”. Kollaps trasuda sofferenza, ma propinata in slow motion. Le tracce sono indipendenti tra loro, ciononostante si sviluppano secondo una matrice comune e tramite passaggi atmosferici confluiscono l’una nell’altra quasi senza soluzione di continuità, come per mantenere costante il senso di malessere e soffocamento. Sargatanas nelle parti vocali è ancora bieco e infernale, ma molto meno furioso che in passato. Quindi anche il suo approccio lento e insidioso, pure quando diventa solo un sussurro, contribuisce in modo efficace a far buio e indurre claustrofobia assieme a questo depressive black metal cadenzato, quando non marziale, che sfuma verso il funeral doom. I brani, in ogni caso, contengono divagazioni che fungono da “lumino nella nebbia” e salvano da una monotonia disperante, volutamente aggravata dal cantante. Queste variazioni sul tema, assieme a delle contaminazioni, mantengono viva l’attenzione di una mente intorpidita dall’incubo e costruiscono degli efficaci abbozzi di melodie sul rimuginio della voce e sul rombo iperdistorto e ipnotico della chitarra. La band sa creare sonorità quasi lussureggianti, aggiungendo – come se fossero spezie – dosi misurate di elettronica e arpeggi prog, acustici o perfino quasi doom-stoner. C’è anche il pianoforte, forse in memoria delle tastiere usate nel vecchio album del ‘99. Di conseguenza si formano dei momentanei “paesaggi sonori” che variano da epici, prog-gotici a dilatati o quasi intimi (tipo shoegaze-black), ma avvelenati dalla furia di occasionali accelerazioni black metal o semplicemente dall’abissale oscurità dominante.
La bellezza cupa di Kollaps e la ricchezza e l’originalità del suono dei Manii si apprezzano sempre di più ascolto dopo ascolto. Ho una mia traccia preferita, la bellissima “Endelaust”, non proprio proprio “tipica” per quest’album, data la sua relativa dinamicità, ma che – tra l’altro – mi fa ritornare in mente certe “vibrazioni” Opeth. L’unico difetto di questa rinascita è forse nella produzione che, pur di qualità, sembra penalizzare il suono della batteria, inutilmente soffocato. Tutto sommato, però, si tratta di un’inezia.
Tracklist
01. Skoddeheim
02. Liv-Oydar
03. Likfugl Flaksar
04. Ei Sjael Som Sloknar
05. Kaldt
06. Endelaust
07. Ei Beingrindt I Dans
08. Avgrunns Djuv