MAMALEEK, Diner Coffee
Quando parliamo dei Mamaleek ci troviamo sempre di fronte a un monolite interessante quanto indecifrabile. Il duo statunitense (San Francisco), formatosi nel 2008, ha da sempre mantenuto un’aura esoterica e misteriosa (i musicisti rimangono anonimi), puntellando la sua carriera con performance sempre caratterizzate da un approccio avanguardistico alla grande materia del metal e riuscendo a plasmare uno stile ormai unico e distintivo. La collaborazione con Flenser, etichetta illuminata, continua in maniera proficua con questo teatrale Diner Coffee.
Non appena ci sediamo al tavolo dei Mamaleek, ci accoglie la pioggia di risate isteriche di “Libations To Sacred Clowns”, un benvenuto atipico che ci schernisce, rendendo la sedia su cui siamo poggiati già meno confortevole del previsto. Nella tavola calda del gruppo americano l’aria si fa da subito rarefatta, settando i toni di un disco esasperante e inquietante per modalità e incedere. Un horror-metal sospeso tra sonno e veglia, uno smooth jazz da spazio liminale, la perfetta colonna sonora per uno spaesamento spaziale e temporale. I picchi noise sono affiancati a momenti più chill e distesi, e mantengono sempre una velata angoscia di fondo: “Badtimers”, ad esempio, con il suo movimento suadente serpeggia nelle tenebre, oppure “Grief Of A Headhunter’s Rage”, il pezzo più lungo e stratificato del lotto. Il percorso iniziato con il precedente Come & See del 2020 trova il suo naturale proseguimento con questo nuovo lp, che estremizza ancora di più la libertà espressiva del progetto, dilatando i tempi e le trame, sfruttando a piene mani una sezione ritmica ispirata, che costituisce una solida spina dorsale. Il menu della casa offre incubi per tutti i gusti, con il basso a fare da guida onnipresente negli angoli più dark dei pezzi, che trovano il loro apice quando riescono a entrare in un loop ipnotico da cui è difficile distogliere lo sguardo. In molti casi i riff prettamente stoner, espansi e fortemente valorizzati da un’ottima produzione, ammiccano a trame arabeggianti (come in “Boiler Room”), mentre in altri ci si trova ad ammirare un muro di inscalfibile. Questa frammentarietà ricercata e urlata a pieni polmoni a volte crea problemi di coesione dell’insieme, ma sono solo piccoli incidenti di percorso in un viaggio che riserva il meglio per le sue fasi finali, con l’omonima “Diner Coffee” nel ruolo di perfetta summa del disco, letteralmente una danza malata in diretta dalla Loggia Nera di “Twin Peaks”.
I Mamaleek anche a questo giro offrono una godibile discesa nell’inquietudine, affinando tutti i topos che li hanno fatti apprezzare e confermandosi come un ascolto intrigante per chi ama materiale più sperimentale.