MALAURIU, Malauriu
“Malauriu” sta per “cattivo presagio” in siciliano. La band, attiva dal 2014, ha fatto del lato oscuro e mistico del folklore locale il centro della sua identità, sempre mutevole e mai banale. La discografia è ampia e a tratti dispersiva: troviamo infatti diversi ep, split e uscite “minori”, ma a uno sguardo più attento e aperto diviene chiaro come l’operato dei Malauriu, oltre a essere spinto da instancabile creatività, sia legato alle modalità tipiche della “vecchia scuola”, quando assecondare un proprio bisogno creativo non comportava il dover rendere conto e ragione alle regole dell’industria discografica.
Malauriu è una creatura dalle molte facce, fondata da Schizoid, il quale, non ancora trentenne, milita nella scena da più di dieci anni. Questo secondo full-length omonimo, composto in un lasso di tempo piuttosto lungo (dal 2017 al 2022), si discosta dalle sonorità prepotentemente black metal dei lavori precedenti per lasciare spazio a tanta sperimentazione, con un approccio dark-ambient che fa da ponte col passato della band e con un amore smisurato per gli anni Novanta, travalicando i limiti del metal estremo e mettendo la parola al centro: la voce narrante è quella di Nequam, già batterista nei Mortuary Drape. I testi hanno a che fare con necromanzia e rituali di purificazione: il recitato è tanto incisivo quanto non eccessivo o pedante, e il sottofondo musicale è, appunto, un sottofondo, ma non per questo trascurabile. I suoni, infatti, sono così suggestivi che chi ascolta finisce per sentirsi parte del cerimoniale e, se non è italiano, probabilmente non vede come invalicabile la barriera linguistica. In questo senso bisogna dar credito a Francesco Cucinotta (Felis Catus), che fa di tastiere e sintetizzatori gli strumenti perfetti per esprimere le mille sfumature di questo viaggio interiore, mistico, a tratti terrorizzante. C’è un momento in “Specula” in cui sonorità folk vengono esposte in chiave prog, all’interno di un rituale di evocazione per tramite di uno specchio, in cui anche la voce finisce per svolgere un ruolo simile a quello di un elemento ritmico: il senso delle parole appare quasi secondario, dal momento che l’efficacia dei suoni è tale da non richiedere ulteriori spunti narrativi. Tuttavia, le immagini intense descritte nei testi, restituite poi in modo vivido dall’interpretazione di Nequam, rendono tutto particolarmente coinvolgente e immersivo. La conclusiva “L’Oro Si È Fatto” lascia interdetti per la sua varietà interna: inizia con una ritmica piuttosto regolare, per poi inglobare elementi acustici e persino un antico canto dei pescatori siciliani (mi preme qui sottolineare che gli inserti sono stati personalmente campionati da Schizoid, senza l’aiuto di programmini e roba del genere).
L’ascolto di queste quattro tracce estranea dal mondo reale, ci fa entrare in una sorta di dimensione parallela, quasi come se fossimo sotto l’effetto di sostanze psicotrope: è un’esperienza totale e totalizzante, psichedelica quanto basta, che racconta di antichi rituali, di demoni e di una Sicilia inedita, terra del mito ma in chiave occulta, dove la ricerca di risposte diventa un pretesto per fare un viaggio dentro se stessi, accettando anche il rischio di incontrare i propri demoni e trovarli più in forma che mai.