MAJA S.K. RATKJE, JON WESSELTOFT, CAMILLE NORMENT, PER GISLE GALÅEN, Celadon
Stavo osservando la micia, mi sa che si sta annoiando, è stufa di sentire sempre rumore industrializzato alla Vivenza e ritual dark ambient, in altre parole: siderurgia, ferramenta e skeletons. È ora di cambiare registro sonoro: uscire da formule collaudate è faticoso, ma divertente, quindi, con estrema cautela e pigrizia, le propongo ogni tanto altre sonorità inquiete, quelle d’avanguardia ma pur sempre malate, in questo caso la norvegese Maja S.K. Ratkje.
Sempre attiva, ma da me stupidamente criogenizzata per qualche anno, cioè da quando uscì la collaborazione con Ikue Mori, Simon Balestrazzi, Sylvie Courvoisier e Alessandro Olla, decido di scongelarla, ritrovandola in compagnia di un ensemble tutto scandinavo, composto da: Camille Norment (studiosa di psicoacustica e artista multimediale, sappiate che è alla Biennale di Venezia fino al 22 novembre) e Jon Wesseltoft e Per Gisle Galåen (vedi Origami Arktika), entrambi importanti abstract-droners della scena nordica.
Celadon è il pianto malinconico delle sirene, Banshee che intonano magiche litanie, sentori di muschio che avvolgono una giornata autunnale, l’odore delle foglie secche e umide, un richiamo ancestrale in cui si evidenziano il sottofondo drone particolarissimo e glaciale della Norment, confezionato su misura tramite la propria glassarmonica. Celadon è anche il ricamo dalla voce fascinosa della Ratkje, che attraverso variazioni di tonalità riesce a trasformare il canto in messaggi subliminali, sofferti e rabbiosi (“Afterglow”), fragili come la porcellana cinese (“Beneath The Bough”); infine è i soffi taglienti di vento che sfiorano coperte metalliche intrecciate con merletti dorati (“The Green Flood”), generati dal duo Galåen-Wesseltoft attraverso harmonium, organi e zither, che rendono l’opera fiabesca e cinematica, più o meno come fecero i Cyclobe nel trittico Sulphur-Tarot-Garden.
Registrato dentro il mausoleo del pittore-scultore Emanuel Vigeland (1875-1948), Celadon è tanto sperimentale quanto drone-folk, costruito su onde magnetiche crepuscolari che s’insinuano all’interno di fiordi innevati e aurore boreali dai toni drammatici: non consigliabile l’ascolto alla luce del sole.
Tracklist
01. Beneath The Bough
02. The Green Flood
03. Afterglow