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LUNICE, CCCLX

Non credo siano molti gli artisti recensiti qui su The New Noise con un tour con Madonna nel curriculum. Sta di fatto che per Lunice è un intento programmatico riuscire a guardare sia gli impulsi che vengono dall’underground, sia le nuove forme che l’hip-hop e la black music stanno prendendo in ambiti più di massa, passando per il sottobosco di Montreal e per le collaborazioni con Hudson Mohawke (sono insieme nel progetto TNGHT), Azealia Banks e Kanye West. E il producer e rapper canadese costruisce questo suo primo full-length come una deliberata operazione di sintesi, modulando il suo basico hip-hop elettronico su una visione più aperta possibile (a 360°, appunto).

L’intro alla Antipop-Consortium della prima traccia apre un album in cui a farla da padrone sono colpi di basso, picchiettature precise e affilate di drum-machine e vortici controllati di synth, assemblati con estrema cura dei dettagli e volgendosi ora a secche movenze trap, ora alla footwork di Chicago. Un lavoro costruito con pochi elementi, che si fa apprezzare soprattutto se si seguono le costruzioni ritmiche sintetiche, sorta di punteggiatura degli spazi illuminati al neon dai synth. Convince meno quando ci si rende conto che quelle stesse costruzioni si fermano prima di svilupparsi in un qualcosa di più significativo, rimanendo poco più di una prova. E quando Lunice strizza l’occhio a soluzioni più “emotive”, o cerca approcci più aggressivi, il risultato suona terribilmente scontato. Non che non ci siano momenti interessanti tra queste undici tracce, ma la sensazione generale è che quell’operazione di sintesi alla quale accennavamo si sia svolta giocando al ribasso, facendo di CCCLX un disco che gira bene a un primo ascolto ma che in definitiva gira a vuoto.