LUMINANCE RATIO, Reverie
Dopo un album e due split (con Steve Roden e Oren Ambarchi) i Luminance Ratio spezzano qualcosa e piazzano uno dei migliori dischi italiani del 2013, scavalcando quello degli In Zaire, potenzialmente meno longevo. Partiti come trio, ora sono un quartetto composto da Gianmaria Aprile, Luca Mauri, Andrea Ferraris e Luca Sigurtà. Due chitarre (Aprile e Mauri, ex I/O), un laptop, nastri ed effetti (Ferraris e Sigurtà): una non-band che s’inventa Reverie, un disco che galleggia in un non-luogo nel quale non esiste la forma cazone e che non ha in senso stretto a che fare con la psichedelia, il post-rock, l’ambient e il noise, l’improvvisazione, il jazz e “l’avanguardia”, ma è un mix liberissimo eppure in qualche modo coerente di una serie di input che provengono da questi generi. In Reverie, tra l’altro, appaiono anche gli altri due Airchamber (Andrea e Luca Serrapiglio, il terzo è Ferraris) ad arricchire la gamma timbrica dell’insieme con violoncello e sax.
Per inquadrare il disco occorre sentirsi “Comatose”, che è uno dei brani che più rende l’idea di quella fase indefinita che si vive tra il sonno e la veglia, quando non sai se quello che hai sognato o sognerai è vero o se quello che stai vedendo adesso te lo sei inventato tu. Lo stesso discorso vale per “Sunbeam”, con suoni d’archi estesi all’infinito, stridenti e suadenti al contempo. Accanto a tracce lisergiche come queste due ci sono anche episodi più severi come la noir “Between The Lines” o la tragica “Il Mare”, la cui prima metà è caratterizzata da quello che ritengo essere un campionamento di qualcosa di orchestrale messo in loop (da Sigurtà?) in maniera molto efficace. Nell’insieme – e visto il genere è impossibile – non ci si annoia nemmeno un minuto, semplicemente si cade dentro Reverie e non si torna facilmente in superficie.
Sembra che in Italia, quando – con un progetto forte dietro – la scena sperimentale unisce le forze, le cose funzionino bene anziché dar vita a sterili “supergruppi”. Si respira proprio aria buona.