Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

LUDWIG BERGER, Cargo

Pubblicate in formato cassetta da Canti Magnetici, etichetta pugliese alla quale abbiamo dedicato un approfondimento un paio di anni fa, le due tracce di questo Cargo sono il condensato di una serie di registrazioni ambientali effettuate in una moltitudine di località, tra il Mar Mediterraneo, certe periferie asiatiche e non meglio specificate espansioni nord europee. Mondi sonori differenti, lontani l’uno dall’altro, mescolati in un’unica traversata che – come suggerisce l’autore, lo svizzero Ludwig Berger oggi di stanza a Milano – andrebbe ascoltata half asleep / in transit. Provate però anche ad ascoltare attentamente. Se i primi minuti, in fin dei conti, sono una sorta di bordone frastagliato tra rumore bianco, ondulazioni sottili in background e pseudo-precipitazioni atmosferiche, per il resto il nostro udito assiste all’alternarsi di vari fenomeni: voci dell’est, magari di bambini che discutono seriamente; le urla in lingue diverse di manovalanti su di giri; il rombo distante dei camion che, a motore acceso, caricano il materiale estratto da una cava di cui, aiutati inoltre dalla foto in copertina, percepiamo tutta la vastità. E poi gabbiani schiamazzanti, forse morenti, aerei in partenza e sfrecciare di veicoli su lunghissime highways.

Con questa “geografia astratta” è come se Berger volesse stanare gli effetti di senso nascosti nelle dinamiche della globalizzazione, nello scambio di merci e materie prime e nel transitare di uomini. Sarebbe utile sapere dove è stata scattata la foto in copertina, da quale luogo provengono le voci di quei lavoratori o a quale idioma appartiene il parlottare dei bambini: forse capiremmo come mai, ascoltando Cargo, viene spontaneo pensare ai fenomeni migratori, oppure allo sfruttamento del lavoro locale che promuove lo sviluppo di un altrove globalizzato, o ancora al concetto di confine come spazio permeabile. Sono soltanto suggestioni, ma nell’attuare questa specie di fonografia dal fondo eterogeneo, Ludwig Berger, che oltretutto adopera un Roland Juno 6, pone un livello di astrazione parecchio elevato, stratificando coordinate spazio-temporali differenti. E in questo ci sentiamo di avvicinarlo al recente sforzo collaborativo di Bruno Duplant e David Vélez, che però, per quanto poggi su una metodologia parzialmente simile, alla fine fornisce un punto di vista diverso, focalizzato com’è sul tema dell’ecologia e del cambiamento climatico.