LUCY RAILTON / MAX EILBACHER, Forma / Metabolist Meter (Foster, Cottin, Caetani and a Fly)
Nonostante solo una delle due composizioni vi rimandi in maniera esplicita, la Forma (con la F maiuscola) sembra essere la chiave di volta attorno alla quale si sviluppa questa doppia uscita targata Editions Mego. La raccolta in cui si colloca è sempre “Portraits GRM“, serie di lavori commissionati direttamente dalla celeberrima istituzione di ricerca musicale – o comunque gravitanti nella sua orbita – e curati da François “Kassel Jaeger” Bonnet. Non è quindi un caso che “Forma”, firmata da Lucy Railton, e che troviamo sul primo lato di questo disco, sia stata inizialmente pensata per l’Acousmonium, sistema multicanale fiore all’occhiello del gruppo d’avanguardia parigino. Potremmo sintetizzare la “Forma” musicale, in opposizione al contenuto, come tutto ciò che governa la narrazione, sequenzia il materiale scelto dal compositore in una direzione coerente e concorre, in maniera inevitabile, all’estetica del brano. Non il suono in sé, quindi, ma la dinamica che lo muove, le variazioni timbriche, i vettori di cambiamento e il loro verso. In “Metabolist Meter (Foster, Cottin, Caetani And A Fly)” di Max Eilbacher, è lo stesso Kassel Jaeger a parlare di “matrice in cui diverse strutture” si fondono e si trasformano, in un divenire la cui velocità e andamento riflettono abilità ed esperienza dell’artista.
Appropriata, forse più che nel caso della coppia Hecker/Okkyung Lee, la combinazione dei protagonisti, focalizzati in modo più o meno consapevole su di uno stesso nodo concettuale. Entrambi seguono un percorso artistico comune, ibridando suoni canonici (l’ortodosso violoncello della Railton, per esempio) con manipolazioni digitali espressione di un condiviso background nella computer music (evidente in Eilbacher).
Bonnet, riferendosi ai ventitré minuti creati dall’artista britannica, parla di “disorientamento”, sottolineando contemporaneamente la presenza di fili conduttori che dovrebbero escludere derive amorfe o caotiche. In realtà gli scivoloni ci sono e, a partire dall’organo (volutamente?) stonato dell’incipit, avulso dalla narrazione seguente, si susseguono scelte non del tutto a fuoco. A onor del vero la parte centrale della composizione raggiunge alti livelli evocativi, con i microsuoni concreti -provenienti da chissà quale field recording – manomessi pesantemente e fatti fluire nello spettro stereofonico, ma purtroppo la decisione di chiudere con una lunga coda melodica al violoncello, per altro senza alcun tentativo di estensione o stravolgimento timbrico, fa calare di molto l’attenzione.
Ben diverso l’andamento di “Metabolist Meter (Foster, Cottin, Caetani And A Fly)”: gli accessi di rumore digitale che frammentano brutalmente i primi movimenti del brano attirano l’ascolto non solo per le loro caratteristiche sonore intrinseche, ma per la scelta di posizionarli in quel preciso punto, con quella specifica dinamica e scopo narrativo. Stessa cosa per la moltiplicazione stereofonica degli elementi ritmici, che appare nella parte intermedia della composizione e ne rappresenta uno dei momenti più riusciti.
Un’asimmetria, quella fra i due autori di questo “ritratto”, che si stempera in un contesto più ampio, considerando i background e l’approccio – realmente – sperimentale utilizzato: in entrambi i casi il suono in sé, manipolato o meno che sia, si sfalda con facilità, lasciando intravedere l’intelaiatura sottostante. È quella la vera composizione, Forma prima che contenuto.