Luca T. Mai solista e con Luciano Lamanna: Heavenly Guide e il secondo Divus
Il sassofonista degli Zu è protagonista di due uscite piuttosto interessanti.
Heveanly Guide, l’esordio solista di Luca T. Mai, è fuori per l’etichetta viennese Trost: rende conto in maniera efficace degli esiti di un percorso musicale ormai lungo che, principalmente attraverso la parabola degli Zu, perviene a sonorità anche molto lontane dal jazzcore degli esordi della band romana. Dopo un’introduzione dark ambient entra in scena il ben noto barrito che si produce in un blues per sax solo, quindi la title-track, in cui attraverso l’uso del delay si dà corpo a un tappeto di sovrapposizioni, la cosiddetta “guida celeste” – a tratti celestiale – di Mai. In “Manum Ad Ferrum” di nuovo sax in solitaria, di nuovo scosse telluriche ed effettistica a manetta, con tanto di wah wah; procedendo con “The Sound Of His Horn” il lirismo raggiunge l’acme, note lunghe si librano su spazi saturi di riverbero. Con “Gazzelloni”, omaggio al grande flautista italiano, il virtuosismo sfocia invece in violenza efferata; infine “Bahr Atla” (note alte che fluttuano querule su un incedere marziale) e “Celestial Nile” che chiude il cerchio, di nuovo divagazioni ambient, col sax che viene processato in maniera da suonare a metà fra una chitarra in overdrive e una sezione d’archi.
Continua invece sotto l’egida di Boring Machines la collaborazione fra Mai e Luciano Lamanna, sintesista attivo principalmente all’interno della scena techno romana, in questo secondo capitolo a denominazione Divus: il disco è stato concepito effettivamente come una seconda parte del lavoro pubblicato nel 2017, le tracce vengono identificate con le lettere C e D e la cover è sempre ad opera di Giandomenico Carpentieri. Ecco, proprio a partire dalle suggestioni della copertina riusciamo a identificare un lieve cambio di rotta rispetto al lavoro di tre anni fa, che risultava molto più notturno e introverso: anche questa volta a prevalere sono ambienti fumosi e movimenti lenti e circospetti, persiste quell’intrigante atmosfera da film noir-fantascientifico che qui riserva però impennate lisergiche e picchi di sregolatezza, con Lamanna più a briglia sciolta e Mai che sfruculia il suo strumento, esplorandone ampiamente le potenzialità espressive. Ancora una volta l’accoppiata è singolare ma vincente.