LUCA PEDEFERRI CONTEMPORARY PROJECT, Exultation

LUCA PEDEFERRI CONTEMPORARY PROJECT, Exultation

“Voglio vivere nel mondo intero della musica”: così esprimeva la propria onnivora curiosità per l’universo dei suoni Henry Cowell, nato al crepuscolo del Diciannovesimo Secolo a Menlo Park, in California (una curiosità: esiste una Menlo Park Recordings che ha dato alla luce dal 1994 ad oggi una quarantina di titoli, tra cui Loren Mazzacane Connors, da solo o in combutta con Keiji Haino, Deerhoof, Harry Pussy, To Live And Shave In L.A.), Privo di una educazione formale, cominciò però a comporre già nell’adolescenza, esplorando, sin dai primi anni Venti atonalità, politonalità e poliritmia, e interessandosi alle musiche non occidentali. Al repertorio di quello che John Cage definì “l’apriti Sesamo della nuova musica in America” è dedicato questo Exultation, firmato dal Contemporary Project di Luca Pedeferri, un sestetto che vede il leader (pianoforte e fisarmonica) cospirare contro le buone maniere assieme a Lionetto Colombo (sax tenore), Enrico Fagnoni (contrabbasso), Mauro Guecchi (batteria e percussioni), Marco Menaballi (elettronica e giradischi) e Fausto Tagliabue (tromba, flicorno e voce). E c’è in effetti di che esultare ascoltando queste dieci rivisitazioni (più un remix) del repertorio del maverick americano, un vero e proprio genio antiaccademico capace di svelare mondi e sollevare sipari su scenari indefinibili.

Il breve minuetto di “Frisking” non fa presagire il viaggio cosmico di “The Hero Sun”, dove si spalanca subito una voragine di suono che prelude poi a un corposo groove black che sa di Great Black Music; da lì un’elegia come un gospel (i lavori di Matana Roberts su Constellation non sono lontani) suonato in una chiesa bombardata, finché un sax tenore non alza il capo in segno di protesta e si arma una fanfara felicemente trafitta da interferenze elettroniche. Dilatato (dai 4 minuti dell’originale, composta per solo pianoforte nel 1921, ai 7 di questa versione) e trasfigurato (i cluster imprendibili e corruschi che ne rendono torbido e avvincente l’andamento qui vengono in qualche modo dipanati in una matassa più accogliente ma non per questo banale), questo pezzo convince pienamente, ma è tutto il disco a suonare molto interessante. “The Banshee”: si tratta di una creatura leggendaria dei miti irlandesi e scozzesi, la cosiddetta donna delle fate, e la sua natura maligna aleggia nelle bave di suono spettrale del pezzo omonimo. Ideatore della prima drum machine, il Polyrhytmophone o Rhythmicon, la cui costruzione commissionò a Léon Theremin, Cowell fu un compositore dagli orizzonti totalmente spalancati: dalla musica aleatoria al gamelan, dal folklore di matrice europea alla musica cubana, nel nome di una idea di nuova musica dentro la quale tutto si teneva. Come accade in questo lavoro, dove passiamo dalla sottile pulsazione di “Fabric” ai nuovi grappoli di cluster di “The Tides Of Manaunaun”, la composizione che impressionò Béla Bartók al punto da far sì che il grande compositore ungherese chiedesse a Cowell il permesso di usarli nel proprio lavoro: pare di ascoltare un pezzo di Cecil Taylor in alcuni frangenti; la musica però è stata composta circa un secolo fa, e il suo mistero intatto viene perfettamente restituito dalla libera interpretazione del sestetto. Sono sogni inquietanti, visioni che lasciano entusiasti ed atterriti, immergersi così profondamente nelle viscere dell’Oceano del Suono non è cosa per tutti i cuori e tutte le orecchie: “Sinister Resonance” sembra scritta oggi, nel suo nitido tentativo di coniugare astrazioni riduzioniste, rigore zen, veglia, agguato ed attesa: il tutto abitato da un perenne, invincibile senso di minaccia quasi metafisica, resa con grande sensibilità dagli interpreti. Nato nel 1982, Pedeferri è musicista che merita attenzione: diplomato in pianoforte classico e poi jazz, unisce l’attività di didatta e quella di strumentista muovendosi in svariati ambiti. Questo del Contemporary Project a suo nome è il terzo album, dopo L’Ora Dell’Anima del 2013 e Meditation On Ustolvskaya, sempre pubblicato da Setola di Maiale nel 2017. L’ensemble focalizza il proprio modus operandi sull’interazione tra improvvisazione, uso dell’elettronica ed interpretazione di partiture contemporanee.

Questo Exultation mostra sei voci sensibili e curiose capaci di approcciarsi senza timori reverenziali a un repertorio sfuggente, che viene reso in modo brillante, tra fughe verso gli abissi del silenzio, parentesi che sanno per davvero di free e di anti-accademia, marcette (la title-track) e temi cantabili, scrigni colmi dell’inestimabile patrimonio della old time music americana. L’autore avrebbe senz’altro apprezzato.

Credo nella musica: la sua spiritualità, la sua esaltazione, la sua nobilità estatica, il suo umorismo, il suo potere di penetrare la bellezza fondamentale di ogni essere umano (Henry Cowell)