Lost in (Distant) Future
Distant Future is an artist collective focused on exploiting the power of narrative and escapism, beyond any specific genre, medium or technique. Currently spread across Europe (Italy, Switzerland, UK, Sweden), Distant Future members collaborate using different artistic languages to pursue their collective goals
Distant Future è una piccola ma agguerrita realtà con base romana e numerose diramazioni europee, che ha a cuore l’elettronica e cerca alla sua maniera di mettere al centro pratiche il più possibile “sperimentali”, come certificato dalla natura evidentemente aliena e libera dei suoni che andrete ad ascoltare. In passato gli artisti che ne fanno parte hanno tenuto degli showcase a Liverpool e Roma: essenzialmente operano sia insieme che da soli, in una sorta di continua interscambiabilità. Qui sotto una selezione di dischi.
Nonostante le coordinate estetiche siano più volte riconoscibili, “A Shapeshifting Enemy In Malta” spicca tra i brani opera del misterioso Atlantropa: evidentemente influenzato dai Drexciya sia a livello ritmico, sia melodico, quando vuole riesce a estraniarsi dal mondo circostante per mezzo di fughe electro piuttosto efficaci dal punto di vista dell’ambientazione, sempre acquatica e come in apnea, tanto per restare in tema drexciyano… In “Assault In The Backup Plant In Zadar” il tiro ritmico è ancora più ubriacante ed assassino, pensate anche ai Daft Punk di Discovery, ma più teutonici, senza il massiccio appoggio di MTV e persi esclusivamente tra i loro macchinari.
Uno come Büromaschinen dimostra poi di sapere il fatto suo nel calibrare istanze più carpenteriane in “Endless Debris” (quanti figliocci ha sparsi per il mondo il regista americano? Tanti, tantissimi, pure troppi…) e venature electro-idm per fortuna mai troppo stucchevoli come in “Second Ending”, “First Ending” e nella sensuale e robotica “Eight Ending – Crusher”. Il logo e la copertina di Endless Suite sono notevoli.
Ci sono poi tre prove di JFrank, altro oscuro protagonista (mezzo inglese e mezzo italiano) che vaga in territori rigorosamente electro, ma al silicio, in odor di Autechre insomma. Una manciata di tracce in Improvs ci consentono di fare un viaggio coraggioso dentro spirali quasi al limite dell’electroclash (“Inconsistency Retake”) fino a sprofondare nelle notevoli lande deep-ambient dell’Aphex Twin di Selected Ambient Works della conclusiva “Happy Birthday Me”. In Micro Life Span (ep di tre pezzi, ciascuno poi remixato) le atmosfere si fanno ancora più eterogenee, tra passeggiate in odor di glitch (“Karoshi”, con la versione remix che è quasi un omaggio ai Matmos) e voglia di frammentare sempre più il suono in qualcosa di poco definibile. In Spatial Orbit Intersection, invece, JFrank interviene di più sulle ritmiche e ne viene fuori un pout-pourrì di bordate electro da qualche parte tra ebbrezza e felicità in modalità rigorosamente funk (“Break Bureaucracy”), incedere robotic-dance (in “Jupiter Funk”) e ancora una volta generale orientamento drexciyano, come nella traccia di apertura “Dilation” o nell’iper-funk di “Nova Cone”.
Anche intorno a Pierlo rimane un alone di mistero. Più chiare però le coordinate musicali del suo Programma1: electro-pop lascivo e appiccicoso che potrebbe durare all’infinito (“Dreamliner”), alternato a un breve divertissement robot-elettroide, “A Picture From The Future”, con l’ospitata di Mario Pierro, cioè Raiders Of The Lost ARP, in “Meteo 7”, in cui le basi ritmiche sono appena più morbide. In Programma2 l’accento è maggiormente hypnagogic-pop, come un Daniel Lopatin più astratto (in particolare quello che si cela dietro i progetti Ford & Lopatin e Games con Joel Ford) in “Alpha City”, mentre polveri di stelle di James Stinson (ancora lui…) si impossessano della melodia veloce e post-kraftwerkiana di “Envision75”; chiude la foresta digitale di “Missing Bits”, tutta un fragore di beat idealmente grossi e pesanti come un macigno.
Un sampler per farsi una minima idea
C’è poi la compilation, Distant Future Association Sampler Vol. 1, che assolve al proprio compito, quello cioè di presentare un assaggio di quello che andrete ad approfondire nei dischi dei quali vi ho parlato. Ci sono quasi tutti i nomi presentati in questo articolo, comprese alcune ulteriori ospitate, da “Plasil” di Polysick (per lui già un ottimo disco su Planet Mu, Digital Native) a Isocore, che in “Astray” mette in scena una sorta di variazione sul tema d’n’b che non dispiace affatto, a Kenobit (dietro cui si cela Fabio Bortolotti), che in “Nostromo” va giù pesante di game-techno parecchio virulenta. Per non dimenticare i vari Panoram, Jacques Malchance, F Vettor e Rainbow Island: tutti concorrono a dare una piuttosto precisa identità stilistica al nome scelto e agli intenti di questo “aggregatore” che opera da tempo in maniera piuttosto sfuggente, ma che non sembra avere la minima intenzione di smettere di sfornare serate a tema e dischi, sia fisici, sia in formato digitale. Tenete d’occhio Distant Future.