LOSCIL, Monument Builders
È il Loscil che conosciamo, quello di Monument Builders: atmosfere piovose, calore, punteggiatura ritmica quasi trip-hop, fantasmi di ascolti dub (bello qui l’uso del suono dei fiati in alcune circostanze). Aderendo a un’estetica ormai consolidata (altre, come naturale, stanno prendendo il sopravvento), gli strumenti campionati qui sono raccolti su nastro, per trasmettere quella sensazione umana di fragilità e disfacimento, una malinconia che proverrebbe anche da dolori personali e familiari di Scott Morgan, ormai adulto a tutto tondo e alle prese con perdite e abbandoni. Insolita, tra l’altro, l’aggiunta di qualche synth vintage, che non ricordo di aver sentito nelle vecchie produzioni del sound artist. La musica di Loscil, però, è sempre stata legata al paesaggio. Qui la chiave di lettura data da lui e da Kranky è il lavoro di Edward Burtynsky, che con le sue fotografie mostra come gli scenari costruiti dall’uomo distruggano quelli naturali. Non stiamo parlando comunque di un disco di ordinaria amministrazione, consiglio di arrivare in fondo e sentire il lirismo di “Weeds”.