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LNDFK, Kuni

Ci sono dischi che svelano sin da subito la loro intenzione, altri che  svelano i loro segreti traccia dopo traccia, ascolto dopo ascolto. Poi ci sono i dischi che fanno entrambe le cose: mostrano sin da subito alcune caratteristiche e la provenienza ma ne nascondono altre da scoprire nel tempo.

Il primo lavoro sulla lunga distanza di LNDFK è esattamente ciò che mi affascina nella creazione di un album e Kuni, esordio pubblicato dalla newyorchese Bastard Jazz (e da La Tempesta in Italia), si mostra al pubblico attraverso questo doppio fascino, con quel “vedo non vedo” – o, per meglio dire, “ascolto non ascolto” – quasi erotico.
Con i primi due brani “Hana-Bi” e “Takeshi” vengono apparentemente svelate le carte, visto il chiaro richiamo al regista, attore, artista cinematografico Takeshi Kitano, che del disco è una figura importante: i suoni morbidi ed eterei di ispirazione nipponica vanno ad intrecciarsi ai ritmi sincopati del Jazz e alle trame musicali che sostengono con carattere i film di Kitano, in questo caso di “Hana Bi”, che trova spazio anche all’interno della canzone con un sample.
Come se nel vedere improvvisamente la luce venissimo accecati e costretti a riformulare quanto percepito in una frazione di secondo, così l’inizio di Kuni è solo un lampo inaspettato di chiarore e il disvelamento arriva gradualmente percorrendo le strade di un lavoro denso e calibrato in ogni suo aspetto, tale da rendere quel sensuale dualismo tipico di chi mostra una sensibilità per l’arte e per il racconto di sé stessi attraverso la musica. La linea Jazz che conduce il disco non è soltanto matrice musicale ma paradigma di sperimentazione e ricerca che spinge ogni brano dentro altri mondi, in un continuo allontanarsi e avvicinarsi rispetto alla sorgente per far suonare tutto sempre un po’ Jazz, Soul, Hip Hop senza però somigliare a niente di tutto ciò. Un’altalena di emozioni, tra espansione e contrazione, che racconta il rapporto tra Eros e Thanatos, tema centrale di tutto l’album, portando ancora di più in luce l’erotismo di fondo di quel “vedo e non vedo” tanto abusato nei film come linea di demarcazione tra la vita (il sesso) e la morte (il rifiuto). Qui la continua sensazione di quasi inadeguatezza a capire un disco così importante diventa elemento principale, colpo di fulmine al primo ascolto e amore dalla seconda volta in poi. Kuni è qualcosa che vuoi approfondire, capire, leggere tra le trame, un lavoro misterioso e pure così palese, come quelli di Takeshi Kitano, come l’arte profonda di chi i dischi li vive prima dentro e poi li mette su nastro. Kuni è un disco internazionale e LNDFK è la risposta italiana agli Hiatus Kaiyote.