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LLEROY, Dissipatio HC

Dissipatio HC

I Lleroy non hanno certo bisogno di presentazioni, almeno da queste parti.

Abbiamo seguito la loro storia fin dagli esordi e di recente abbiamo presentato lo split, uscito per la serie Volumorama, al quale hanno partecipato insieme ai Gerda. Del resto, Soma (loro precedente album) risale al 2013 e il debutto Juice Of Bimbo addirittura al 2008, una media abbastanza insolita per questi tempi frenetici, duranti i quali le band sfornano dischi a ritmo regolare per mantenere alta la soglia d’attenzione di un pubblico sempre più stimolato e al contempo distratto.

I Lleroy si muovono in controtendenza e preferiscono prendersi il loro tempo, una scelta che permette alla formazione di costruire nei minimi dettagli un personale universo sonoro. Oggi sorprendono per la capacità di evolversi in una forma meno irruente e più sfaccettata, in qualche modo capace di inglobare i momenti di decompressione, quasi delle camere d’aria, all’interno di quell’energia straripante che ce li ha fatti amare e che ne rappresenta il marchio di fabbrica. Una caratteristica distintiva che non esce inficiata da questa nuova modalità, ma acquista profondità e sfumature atte ad amplificarne la forza d’urto in più direzioni. Dissipatio HC (titolo ispirato dal romanzo “Dissipatio HG” di Guido Morselli) si apre man mano con soluzioni inaspettate, variazioni sul tema tese a rendere l’ascolto meno convulso e, al contempo, ad arricchire la sua fruizione con cambi di prospettiva su una scrittura che resta comunque saldamente riconoscibile e legata a quanto di positivo la band ci ha regalato negli anni.

Come in una tela di ragno, più ci si addentra nelle composizioni, più si notano dettagli in grado di attirare lo sguardo, deviazioni da un percorso principale, sprazzi di luce che emergono dalle bordate di elettricità tipiche della band e tingono il noise-rock di pulsioni esterne, a tratti accattivanti, altre più stranianti e oniriche, fino alla conclusione con “Dissipatio”. L’ultima traccia vede alla voce il contributo di Gregorio Luciani (Concrete, Si Non Sedes Is) per una discesa negli inferi, dolente e disturbante, nel suo andamento sinuoso, spaventosa eppure altrettanto magnetica. Un finale catartico che chiude il viaggio di Dissipatio HC grondando pathos e ribadendo le potenzialità di una delle punte di diamante della nostra scena.

Di sicuro, stringiamo tra le mani la conferma e la dimostrazione che è possibile evolvere senza snaturarsi, per costruire una propria strada al netto di limitazioni e timori reverenziali. Chapeau.