L’IRA DEL BACCANO, Terra 42
La lunga traccia che apre Terra 42, oltre trenta minuti divisi per comodità di navigazione in tre parti, prende il nome dal motore a improbabilità infinita presentato da Douglas Adams nella sua “Guida Galattica Per Gli Autostoppisti” (“The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy”), il che già spiega molto di un lavoro ricco di cambi di prospettiva e sempre a zonzo tra coordinate sfuggenti. Da un punto di vista strettamente musicale, la formula messa in campo dal trio si compone in parti variabili di psichedelia spaziale (Hawkwind, tanto per dire il nome che per primo è balzato in mente al sottoscritto), doom e post-rock, ma non solo, perché è davvero tanta la libertà espressiva che si respira lungo questo viaggio interamente strumentale. Non paghi dell’interessante menù in note, gli autori hanno deciso di utilizzare tre approcci completamente differenti per la costruzione dei capitoli, dalla linea retta che non torna mai sui suoi passi a infinite variazioni su un tema portante, rivisto e ri-assemblato in ogni modo possibile. Senza togliere il gusto dell’ascolto rivelando troppi particolari, basti sapere che i brani sono il frutto di una scommessa con se stessi e con la propria voglia di reinventarsi, portata avanti in maniera totalmente giocosa eppure mai semplicistica. Il risultato ottenuto ha dell’incredibile: un lavoro che non annoia ma, al contrario, rapisce l’ascoltatore in un dedalo sonoro dai colori cangianti e curato con attenzione maniacale – ma non sterile – per i dettagli e gli incastri. L’arrivare in fondo senza accusare fatica, piuttosto provando un senso di rilassatezza quasi ci si fosse appena sottoposti a una seduta di yoga o a qualche rituale liberatorio, rappresenta di per sé la migliore prova del potere rigenerante di una sfida vinta a punteggio pieno. Questi nipoti dei signori dello Space Ritual meritano di essere seguiti con attenzione e, soprattutto, di essere visti in azione su di un palco, cosa che ci ripromettiamo di fare alla prima occasione possibile.