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LIQUIDO DI MORTE, II

LIQUIDO DI MORTE, II

Tornano i Liquido di Morte, misterioso gruppo milanese che un paio d’anni orsono – pare su insistenza di Giacomo Spazio (come definirlo? Agitatore culturale? Artista underground?) – aveva pubblicato un album fulminante, inclassificabile ibrido di psichedelia pesante e postmetal che aveva fatto capitolare piú di un cuore. Nel recensirne l’esordio su queste pagine, Michele parlava di una “creatura affascinante ma ben poco mansueta” e la medesima descrizione si applica benissimo anche a questo seguito, che nulla svela sull’identità dei musicisti coinvolti. Nel segno della continuità invece l’alone di inquietudine attorno all’artwork, sempre a cura di SoloMacello, e l’ottima produzione a opera della premiata ditta Tommaso Mantelli (Captain Mantell) e Nicola Manzan (Bologna Violenta). La musica del quartetto è un coacervo di stili ed influenze che questa volta si articola su quattro brani prevalentemente strumentali per poco meno di 40 minuti. La lunga cavalcata iniziale di “The Corpse Of Dr. Funkenstein” coniuga il kraut dei Can con furiose accelerazioni post-metal, mentre “The Saddest Of Songs I’ll Sing For You” (e mai titolo fu piú azzeccato) fa uscire da un coltre ambient-noise uno slowcore solenne su cui Giacomo Hobo Boeddu degli Isaak gioca a fare il Mike Patton con sussurri e grida che donano al pezzo – l’unico cantato – un’atmosfera plumbea e malevola. La psichedelia furibonda e ultrachitarristica di “Rodents On The Uphill” ci porta poi verso la conclusiva “Schwartz Pit”, lenta colata di incandescente lava metallica, con un riff intriso di umori e suggestioni orientaleggianti, per un effetto straniante che accompagna l’ascoltatore per tutta la durata dell’album, lasciandolo infine stremato ma estremamente soddisfatto.

Se è vero che l’effetto sorpresa è un po’ venuto meno rispetto al debutto, non si puó non riconoscere l’altissima qualità di un lavoro che, ad oggi, è una delle cose migliori ascoltate quest’anno.