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LINGUASERPENTE, Anachronistic Futuristic

Vi avevamo già parlato dei Linguaserpente, nati dall’incontro tra alcuni musicisti già attivi con With Love, Bluid, Ninos Du Brasil, Kirlian, Full Effect e molti altri ancora, per la precisione vi avevamo presentato il video di “Revolution At 45”. Oggi torniamo a parlare di loro per raccontarvi il disco Anachronistic Futuristic, un titolo che in fondo svela molto e vale già come manifesto programmatico.

La formazione, infatti, prende gli ingredienti principali per la sua ricetta da quel momento particolare che nella prima metà degli anni Novanta ha saputo dar vita ad una scena post-hardcore poliedrica e capace di andare oltre i dogmi e gli steccati di genere, vuoi con l’affondare pesantemente le mani nella pulsione iconoclasta del noise-rock, vuoi con l’attingere a quello ricchissimo sottobosco che era la Dischord post Revolution Summer. Mi riferisco a nomi quali Quicksand, Die 116, Orange 9MM, Refused, Burn, 108, Downset, Glassjaw, Starkweather, Deadguy, Inside Out e chi più ne ha più ne metta in base ai propri gusti e preferenze, tanto più che parliamo di una comunità a dir poco disomogenea e dai confini instabili che mal si presta a venire incasellata in un contenitore rigido. Ovviamente, anche l’Italia all’epoca non fu da meno e costruì una propria risposta a quei fermenti grazie a un manipolo di band che seppero lasciare un segno profondo nell’immaginario comune e che nella mia mente prende le sembianze cumulative di un festival, il Two Days Of Struggle organizzato dalla Green Records. Ecco, se devo pensare alle radici del suono di questi Linguaserpente, non posso che riandare coi ricordi a quel periodo vissuto con grande intensità, che ha spostato parecchio le mie coordinate musicali: la band, di suo, propone comunque un suono attuale e ancora più screziato e cangiante, figlio dei tempi ma non per questo meno diretto e dritto al punto, perché in fondo questa è una nuova stagione di instabilità e irrequietezza in cui si deve agire per offrire il proprio contributo. Ecco, nella mia testa il contributo dei Linguserpente è il tornare a soffiare su quella brace, mai spenta ma lasciata a covare sotto la cenere, per lanciare un segnale alle nuove generazioni, a chi magari per motivi anagrafici quel momento se l’è perso o lo crede ormai immortalato in modo statico nei racconti di chi c’era: la scintilla è ancora qui e basta poco per riaccenderla, prendetela e fatene ciò che volete, senza timori reverenziali o dogmatismi, proprio come allora fecero quelle band con la tradizione hardcore anni Ottanta. Magari è solo un mio modo di vederla, ma mi farebbe piacere fosse così e come a conti fatti ci vuole suggerire il titolo.