LHAM, They Cast No Shadows
L’unione fra Bruno de Angelis (già noto come Mana Erg) e Giuseppe Verticchio si è fatta parecchio produttiva in questi anni. They Cast No Shadows, infatti, è la loro terza uscita dall’esordio Leaving Hardly A Mark, al quale è seguito Slow Burner lo scorso anno. Il suono appare classicamente ambientale, proprio perché riparte dalle radici e sembra smuovere quantità enormi di materiali e stormi con il proprio incedere quasi williamsoniano. La strumentazione utilizzata dalla coppia caratterizza fortemente i brani (che si ritrovano, come “Linguellae” ad esempio, ad essere una vera e propria battaglia di corde) così come fanno le linee vocali epiche ed imperiose di “Tomorrow You Will”. A un dato momento ci si ritrova anche su quelle che potrebbero benissimo essere dune del Sahara, senza che questo crei una discontinuità nell’operato dei due. In effetti, forse, non è il suono a viaggiare, anzi probabilmente Bruno e Giuseppe rimangono fermi mentre è il mondo attorno a loro a cambiare ed a muoversi, senza che questo li scomponga più di tanto. Loro seguitano a macinare, ad accendere e a promuovere reazioni che si ripercuotono sull’ambiente modificando la percezione che abbiamo di esso. They Cast No Shadows è gloriosamente fuori dal tempo, tanto che nei passaggi più sinfonici si può immaginarlo coevo agli esperimenti del primo Franco Battiato o anche su in Germania, all’epoca in cui da quelle parti aprivano la porta del cosmo.
Un album che rischia di passare sotto traccia per la mancanza di appeal rispetto a nomi al momento più quotati e blasonati, un album che, senza voler stupire con effetti speciali, fa viaggiare e volare.