Lenders, Roma Est rock’n’roll

Il ritorno dei Lenders su vinile non ha faticato troppo a convincermi e farsi spazio nella mia playlist di fine anno, così come il loro concerto al CISIM di Lido Adriano (RA) che ha lasciato ben pochi dubbi sul loro effettivo stato di salute. Obbligatorio, a questo punto, chiedere un confronto diretto alla band, che seduta al pub si è dimostrata ben disposta a rispondere alle mie domande. 

Partiamo dalla fine, dalla presentazione del nuovo album al festival (festa) organizzato da Rumagna Sgroza. Che effetto fa suonare finalmente il nuovo disco dal vivo? Quanto vi è pesato questo periodo di inattività causa pandemia e problemi connessi?

Mirco, Santi, Papo, Claudio: Siamo al pub e stiamo bevendo da un po’ quindi, metteteve a sede. Sul Filo Del Tempo è stato concepito poco prima del triste periodo che ci ha visto tutti coinvolti nel recente passato. I cori – per dire – li abbiamo registrati il giorno dopo essere tornati da una data a Skeggia ed eravamo in pieno fomento live, quindi questo stop ci ha ucciso, ha creato attrito, ha creato ansia, ha creato litigi. Suonare di nuovo in trasferta è stata un’esplosione di adrenalina che ci ha fatto tornare a tre anni fa in un attimo e vedere la risposta sotto palco è stato un mettersi in armonia col mondo, bellissimo davvero.

Nell’ultimo periodo, se non sbaglio, avete avuto qualche cambio di formazione: chi fa parte oggi dei Lenders?

Mirco, Santi, Papo, Claudio: guarda Michè questa è ‘na mezza leggenda, che per carità creerà magari un po’ d’hype, ma l’ultimo cambio di formazione risale all’ingresso del Gianni, di cui ci pentiamo ogni giorno, ma si parla del 2018. Mirco si è allontanato per un breve periodo e grande era la preoccupazione sotto il cielo di Roma Est, ma a conti fatti, la formazione è la stessa dal Rotten River Camp – come dicevamo – del maggio 2018, ossia Mirco voce – Papo e Santi alla chitarra – Claudio alla batteria e il Gianni al basso.

Titolo dell’album e copertina sembrano seguire un’idea ben precisa: cosa rappresentano e come sono nati?

Mirco, Santi, Papo, Claudio: Sul Filo Del Tempo è un omaggio ad una scritta anonima su un muro di Torpignattara, da noi vista e rivista nei nostri mille giri in quartiere, ovviamente si lega al periodo vissuto dalla band e ai mille cazzi che abbiamo passato, agli anni che sono avanzati ma al nostro essere sempre fermi esattamente qui dove sempre ci potrete trovare. La copertina è stata una folgorazione, un disegno di un coinquilino di Mirco, Luca in arte Carta Nova, che non smetteremo mai di ringraziare, nel periodo in cui è tornato a respirare aria di mare a Salerno. L’abbiamo trovata subito perfetta per il concetto che volevamo esprimere, ossia le parche padrone del nostro destino, pronte a tagliare il nostro filo della vita e a interrompere la nostra linea creativa lasciandoci vivere una vita normale triste e grigia.

Come vivete lo scorrere del tempo e il passare degli anni come persone e musicisti? Rimpiangere o comunque provate nostalgia per qualcosa in particolare?

Mirco, Santi, Papo, Claudio: È difficile dare una risposta per tutti e cinque ad una domanda del genere poiché ognuno di noi affronta il tempo che scorre in una maniera tutta sua. Non basterebbe una sola intervista per centrare il punto. Come musicisti abbiamo affrontato e affrontiamo il tempo che passa come una corsa a tappe, provando a migliorarci sempre. Avere la musica ci ha aiutato tanto ad affrontarlo, sforzarci a trovare il modo di rendere positive anche le coltellate che ‘sto stronzo ti riserva. Rimanere fermi e ancorati ad una roba passata non serve a nessuno anche se ogni tanto tutti noi cadiamo in questo tranello, l’importante è svegliarsi sempre dal suo sortilegio e affrontare le “discese ardite e le risalite”.

Credo che soprattutto nella scena oi! si avverta oggi una distinzione tra chi apprezza il cambiamento di approccio che accomuna, anche se in modi differenti, molte band e chi invece rimpiange l’attaccamento alle radici e le cosiddette “vecchie maniere”. Qual è il vostro punto di vista?

Mirco, Santi, Papo, Claudio: Abbiamo ovviamente mezzo litigato per rispondere a questa domanda. Il discorso “scena” è complicato poiché sono anni che, per fortuna, si è allargato ad una roba un po’ più variegata e non solo sottoculturale. Potremmo rispondere in mille modi sulle varie evoluzioni che possono piacerci o meno, ma scegliamo di rispondere solo una citazione di “Carlito’s Way”: la strada ti tiene d’occhio. Ti tiene d’occhio continuamente.

Sul disco appaiono alcuni ospiti che credo meritino di essere presentati. Come sono nate queste collaborazioni?

Mirco, Santi, Papo, Claudio: Bierkampf e Colonna Infame sono i pilastri della musica che abbiamo sempre ascoltato da quando eravamo dei pupi, abbiamo avuto modo nel corso degli anni di condividere altri contesti con Danny Boy e Petralia e tutto è venuto da sé. Dopo Fabio (Duap) e Giallo (Pinta Facile) è stato un chiudere un cerchio coinvolgendo chi ha scritto la storia del punk romano.

Zelda Zarathustra appare su “V.M.V.” che, oltre ad essere un brano differente, ha anche un forte impatto emotivo, vi va di raccontarci qualcosa a riguardo?

Mirco: “V.M.V.” è si un brano particolare, il testo viene scritto di getto due giorni dopo la scomparsa di Vito, che è appunto il ragazzo a cui è dedicata. Vito per Mirco e per Santi è stato un amico e un fratello, un terremoto alto due metri composto al cinquanta per cento da follia e al cinquanta per cento da guai, forse la vera incarnazione del live fast die young. Nei mesi successivi abbiamo più volte provato a scrivere musicalmente un classico pezzo alla Lenders, ma la carica emotiva non ci permetteva di esprimerci a pieno, fino a che Papo non ha trovato il giro di questa sorta di Ballad e Zelda non ci ha preso per mano riuscendo ad esprimere a voce, con immensa bravura, quello che ancora forse non riusciamo bene a realizzare.

Più in generale, i vostri testi riescono sempre a trattare la realtà con un taglio particolare e non banale. Come nascono?

Mirco: I testi nascono spesso per caso, o meglio mi spiego, non c’è mai la volontà di dire okkei ora mi siedo e parlo di questa cosa e lo faccio in questo modo. Quando ho voglia di scrivere butto giù le prime due barre e da lì capisco se riuscirò a fare qualcosa che possa soddisfarmi, a quel punto generalmente parte il fiume di parole, che poi taglio o aggiungo in sala. Ho sempre ascoltato tanta musica molto diversa, se dovessi viaggiare in macchina con me la playlist potrebbe tranquillamente spostarsi dal black metal alla trap francese, dando la mano alla drill inglese passando per i Contrasto mentre strizza l’occhio a Battiato e Lucio Dalla. Da tutta questa roba cerco sempre di rubacchiare qualcosa che mi piace, una parola, un sinonimo, trovo anche divertente buttare qua e là citazioni di dialoghi di film o di libri che ho letto nei testi, sperando che qualcuno le colga. Sono contento che il risultato non sia banale o scontato anche perché racconto la mia vita e quella di chi ho vicino, e nessuno vorrebbe che la sua vita suoni banale o scontata, o mi sbaglio?

Continuando a prendere spunto dai vostri brani, Roma Est è diventata una sorta di denominazione di origine controllata o comunque rappresenta una determinata idea di Roma – pregi e difetti – nell’immaginario comune. A questo punto dateci un parere da insider…

Papo: Roma Est… ‘sto quadrante mitologico di Roma che prima che mettessero su quel casermone di centro commerciale forse manco esisteva, me sa che manco il casello ci stava. Per cosa si intenda, posso dirti quello che è per noi, quel triangolo Torpignattara, Pigneto, Centocelle che per lavoro, affetti e altro viviamo tutti i santi giorni. Personalmente il mio appartenere a questo quartiere, Torpignattara, dove sono nato, l’ha marchiato a fuoco la Signora Covelli con il suo famoso “e nun parlà Torpigna” da “Vacanze di Natale 82”, all’epoca probabilmente eravamo visti come disgraziati ignoranti senza una chance ahahah. Fortunatamente (o sfortunatamente, vallo a capì) sto quadrante col tempo si è sviluppato, con i suoi tanti pregi e tantissimi difetti, che poi dai, so’ comuni alla quasi totalità dei quartieri romani, mettendo su situazioni di aggregazione, socialità e tanta musica che una mano a chiude gli occhi e a tappatte er naso te la danno. “Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior”… e tutto sommato fiore di Roma Est lo potremmo pure esse.

“Mototesta” gioca con il nome di una band inglese che magari qualche lettore conosce, quali altri nomi ascoltate volentieri tutti insieme quando andate a suonare in giro? C’è una band che mette tutti d’accordo?

Papo e Mirco: Lemmy e i Motörhead miti assoluti, “Mototesta” inizialmente era un titolo nato così a cazzo, sai per ricordarti in fase iniziale di che riff si trattava, diventato poi definitivo a furor di popolo. Per mettere d’accordo tutte e cinque le teste di pisello che siamo? Mettici un po’ di “Sugar Oi!” dei Vanilla Muffins e ci farai felici e contenti.

Mirco: Sono pochi i gruppi che ci mettono tutti d’accordo, aggiungerei Slayer e Bad Religion, che sono le classiche tracce che partono in viaggio, per il resto ci sputiamo addosso e ci diamo i coppini a vicenda quando è il nostro turno di scegliere la musica.

Last famous words, a voi conclusioni, saluti e link del caso…

Mirco, Santi, Papo, Claudio: È sempre un piacere rispondere a domande interessanti come le tue, ti ringraziamo per lo spazio che hai ritagliato per noi, ci vediamo presto ci vediamo in giro ci vediamo ovunque.

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