LE SINGE BLANC, Le Singe Blanc
Esistono molti modi per coinvolgere i propri amici in un disco, il più semplice è inserirli come guest, meno consueto è affidare il missaggio di ogni brano a uno o più di loro, facendo sì che in un certo senso lo firmino e ci lascino la loro impronta personale. Ci vuole coraggio, perché il rischio di vedere stravolto il proprio lavoro o di ottenere un effetto patchwork è alto, ma ai francesi Le Singe Blanc (da Metz) non manca l’incoscienza, come s’intuisce anche dalla stralunata formula sonora che compone le nove tracce di quest’album. Il risultato di questa scelta, che va di pari passo con la cordata di etichette differenti coinvolte nella pubblicazione del disco, è qualcosa ricco di personalità e di input irresistibili, divertito e divertente, in cui vengono sistematicamente abbattute barriere di genere e di scena per dare il via ad una sorta di festa danzante per menti onnivore, un party scombinato in cui a farla da padrone è la pulsione ritmica figlia del funky, declinata secondo traiettorie deviate/devianti di matrice rumorista e dotata dell’attitudine iconoclasta del punk. Per l’Italia, a fianco ad altri, troviamo nostre vecchie conoscenze come Father Murphy, Bruno Dorella e M.U.G. (nuovo progetto in casa Musica Per Organi Caldi) tra gli amici chiamati a raccolta come ospiti d’onore, il che riannoda ancora una volta i fili immaginari che spesso incontriamo lungo queste pagine virtuali e che, visti dall’alto, sembrano disegnare la mappa di un’autostrada fatta di suoni, capace di collegare un po’ tutto il globo non sempre in modo scontato. Di certo l’ascolto di Le Singe Blanc non rappresenta una passeggiata per sentieri familiari, né ricalca i soliti stencil ormai utilizzati allo sfinimento, ma non appare nemmeno come un’opera ostica o di difficile assimilazione, proprio per quel groove insistente e un po’ sfacciato che ne permea in modo sghembo ogni solco. In fondo, il genere di cose che riescono ad attirare l’attenzione da queste parti.