LE MOTEL, Odd Numbers / Số Lẻ
La musica composta in Belgio, almeno quella che piace a noi, ha una vena poetica assai singolare e a ben vedere il dato lo si può far risalire a quando i componenti dei Tuxedomoon, negli anni Ottanta, si trasferirono armi e bagagli da San Francisco in Olanda e poi definitivamente a Bruxelles, con tutto ciò che questo avrebbe comportato per la crescita di una scena avant autoctona assai curata dalla stampa specializzata internazionale: Univers Zero, Minimal Compact di Malka Spigel, Front 242, il primo Wim Mertens/Soft Verdict , Siglo XX, Mathilde Santing, gli Aksak Maboul di Marc Hollander e Véronique Vincent, i Deus di Worst Case Scenario e Inne Eysermans con Amatorski. Tutti nomi generalmente prodotti da fantastiche etichette indipendenti belghe come Sub Rosa, Crammed Disc/Congotronics, Made To Measure e più recentemente MyWay Records e Maloca, ed è proprio sull’artista ideatore di questa label, Fabien Leclercq aka Le Motel, che ci soffermiamo.
Passato dall’ultimo Meakusma Festival di Eupen (100 km da Bruxelles, settembre 2024) Fabien è davvero un artista poliedrico e un viaggiatore attento, e lo dimostra con il suo nuovissimo lussureggiante album Odd Numbers / Số Lẻ, vero e proprio diario sonoro di un lungo viaggio avvenuto nel 2023 in Vietnam, lungo le sue strade trafficate di motorini, truk truk e moto “Hanoi The Motorcycle Empire” (con tracce di Apocalypse Now!), le colline a perdita d’occhio, le geometriche risaie, giungendo infine nei villaggi al confine cinese, ma soprattutto, e qui sta il punto, attraverso le voci e i racconti delle persone incontrate durante il soggiorno vietnamita, viatico risolutivo per entrare in contatto con l’anima intima di quel paese e di una umanità evidentemente ancora empatica e… mica-siamo-a-Roma!
Nelle registrazioni dell’opera vengono impiegati strumenti tradizionali come la cetra Dan Tranh, il Dan Bau, che simula la voce umana (The Perfume River), i flauti, le percussioni in bronzo, i cori registrati con attenzione da etnomusicologo, tutto materiale che in fase di post-produzione è stato rielaborato in studio, condividendolo, da remoto, con gli artisti vietnamiti coinvolti. Subito dall’incipit “I Cried Like A Child…” siamo accanto a Fabien e ai suoi ospiti, ascoltiamo le epifanie di voci ma vieppiù percepiamo i pensieri profondi che modulano i rapporti fra la nostra guida e i suoi nuovi incontri, alcuni dei quali, come ci descrivono le note di copertina, si trasformeranno in amicizie durature. Questa vicinanza è il segreto della riuscita del progetto Odd Numbers, confidenza che si svela già in titoli come “Early Night With Fa And The Dang Brothers”, “La Palanche”, “The Universe Is A Rabid Creature” e caratterizzata dal sapiente uso di un’elettronica non invasiva, che si immedesima nel contesto circostante, e intessuta delle conversazioni declinate nel cantilenante idioma Viėt-ngū (“A Conversation Under The Night Sky”). Le registrazioni sul campo ci appaiono come immagini in controluce per quanto realistiche e decodificabili (“Luc Bảt”, “The Perfume Garden” ascoltano la quotidianità del villaggio di Hmong), trame sonore che si infittiscono ed emozionano con poetica sfavillante bellezza (“Cham Islands”) per poi perdersi nell’antica capitale di Huẻ in un grande labirintico mercato (“Dong Ba Market”) infine il viaggio termina con “Home Is A Fire”, canto tradizionale vietnamita trasfigurato da un pulviscolo elettronico psichedelico. Album con pagine a tratti quasi commoventi, nessun dubbio che “Odd Numbers/ Sổ Lẻ” sia già nella mia personale top 5 dell’anno.